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I pericoli del fanatismo
Romanzo d’esordio del premio Nobel, scritto in Yiddish e pubblicato a puntate su “Globus”, rivista letteraria di Varsavia, nel 1935, tradotto poi in inglese nel 1955.
Goray, piccola comunità polacca, risollevatasi dagli attacchi dei cosacchi che hanno sterminato e disperso la popolazione ebrea nel 1648, è ora una comunità pacifica guidata da un rabbino che a tratti quasi si annoia anche se fatica a incanalare i malumori dei membri della sua famiglia in perenne discordia. Progressivamente la comunità viene investita da straordinarie dicerie: prossima è la venuta del Messia e con essa la fine della lunga schiavitù del popolo ebraico, si avvicina il giorno della liberazione. E giunge l’anno 1666 e in piena aderenza ai calcoli cabalistici Shabbatay Tsevi si rivela come il Messia tanto atteso, egli chiede devozione totale al male in cambio della fine dell’esilio e della tanto agognata Terra d’Israele. Tutti gli sono devoti… In questa cornice storica si inserisce la vicenda romanzata di Rechele della quale si racconta la breve e triste sventura che accompagna il triste collassare degli eventi.
Le pagine si susseguono in un alternarsi di cadute e di risalite, di dannazioni e di resurrezioni, di grandi flagelli e di momentanee schiarite, di condanne e di pentimenti e con essi vacilla anche l’attenzione del lettore che arranca tra toni cupi ed eventi incredibili, consapevole comunque di avere tra le mani le pagine di un grande narratore, seppur all’esordio.
Consigliato se interessati alla storia degli ebrei nell’ Europa orientale del XVII secolo, all’esoterismo ebraico, alla cabala, al primo nucleo del futuro sionismo.