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La ferrovia sotterranea
 
La ferrovia sotterranea 2018-02-07 08:52:06 Belmi
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    07 Febbraio, 2018
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Pulitzer? Si e no…

“Dalla notte in cui era stata rapita, era stata oggetto di continue valutazioni e perizie, svegliandosi ogni giorno sul piatto di una nuova bilancia. Se sai qual è il tuo valore, sai qual è il tuo posto nel sistema. Sfuggire ai confini della piantagione era come sfuggire ai principi basilari della tua esistenza: impossibile”.

“La ferrovia sotterranea” è il libro vincitore dell’ambito premio Pulitzer e del National Book Award; Colson Whitehead, autore di questo romanzo, era già stato finalista al Pulizter nel 2012 con un altro libro.

La copertina e il titolo già introducono i lettori al tema, siamo in America, durante l’Ottocento quando il colore della pelle voleva dire tutto:

“Se il destino dei negri fosse stato di essere liberi, non sarebbero in catene. Se il destino dei pellerossa fosse stato di conservare le loro terre, le possiederebbero ancora. Se i bianchi non fossero stati destinati a conquistare questo nuovo mondo, ora non ne sarebbero i padroni”.

Siamo in Georgia, uno degli stati in cui gli schiavi subivano le peggiori atrocità e dove interminabili campi di cotone li aspettavano ogni giorno. Un nero doveva solo lavorare e sottostare a ogni capriccio del padrone, ma fra loro, due tentarono la fuga, Caesar e Cora, ad aspettarli c’era la ferrovia sotterranea e tutta la sua storia.

Whitehead racconta la vita dei neri durante la schiavitù e con l’”aiuto” della sua protagonista narra le vicende di una fuggiasca che si ritrova in più stati, alcuni più tolleranti, altri meno. Il destino di Cora è quello che anche molti altri si sono trovati ad affrontare, dove trovare un aiuto disinteressato e una sorsata di libertà sembravano cose impensabili.

L’autore si è meritato il Pulitzer? Dal punto di vista del tema trattato sicuramente, sono altri i punti che secondo me non vanno. Quello che subito risalta è lo stile dell’autore, uno stile che secondo il mio parere manca di qualità, qui un autore ad esempio a livello di Coetzee avrebbe fatto la differenza. L’altro elemento che non mi ha particolarmente convinto è come l’argomento è stato trattato; vengono presentate situazioni davvero forti con esempi molto chiari che però toccano solo fino ad un certo punto il lettore, questo da un lato rende il libro adatto a chiunque, dall’altro perde la profondità dell’argomento.

Un libro di cui consiglio comunque la lettura, che ci ricorda che le “brutte” cose non sono successe solo in Europa e che in America al tempo della schiavitù moltissimi bianchi e neri liberi, si sono messi al servizio di persone meno fortunate di loro, rischiando anche la propria vita ma credendo in qualcosa.

“Dopo tutti quegli scampati pericoli, era ancora allo stesso punto in cui si trovava da mesi: bloccata dalla bonaccia. A metà fra la partenza e l’arrivo, in transito come la passeggera che era diventata dandosi alla fuga. Appena il vento avesse ripreso a soffiare si sarebbe rimessa in movimento, ma per ora c’era solo il mare uniforme e infinito”.

“Si fidò del fatto che la guidava l’unica alternativa dello schiavo: ovunque, ovunque tranne che da dove stai scappando. Il criterio che l’aveva condotta fin lì. Avrebbe trovato la fine dei binari o ci sarebbe morta sopra”.

Buona lettura.

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Commenti

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Libro di cui ho sentito parlare spesso nei mesi scorsi.
Grazie della tua segnalazione, Federica! :)
In risposta ad un precedente commento
Belmi
11 Febbraio, 2018
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Prego Laura, io sono stata incuriosita dal doppio premio, per questo ho scelto di leggerlo.
Federica
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