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Senza capo, né coda
Di questo autore avevo fino a ora letto Gorky Park, un romanzo giallo ambientato a Mosca e con protagonista il capo della Polizia Criminale Arkady Renko che poi sarà presente in altre sue opere. All’epoca il libro mi era piaciuto, pur se avevo ravvisato una certa grevità che ne alterava il ritmo naturale, pesantezza riconfermata nella trasposizione cinematografica del regista Michael Apted con interpreti del calibro di William Hurt e Lee Marvin.
Pertanto, quando ho avuto per me mani La ragazza di Venezia ero un po’ prevenuto, insomma temevo di incorrere in una lettura , magari piacevole, ma non certo snella, e invece mi sono sbagliato, purtroppo. Infatti mi sono trovato alle prese con un romanzo senza capo, né coda, per quanto la vicenda della ragazza ebrea che sfugge ai suoi aguzzini alla fine della seconda guerra mondiale e trova rifugio nella laguna di Venezia avrebbe potuto essere l’occasione per un’opera di spessore in cui venisse evidenziato il cieco fanatismo dei nazisti in prossimità della loro fine con il proposito dell’annientamento di una razza da effettuarsi fino all’ultimo respiro. Invece, non c’è nulla di tutto questo, c’è una storia dal sapore giallo, in cui predomina una fantasia sfrenata dell’autore che fa viaggiare i personaggi da Venezia a Salò e ritorno, con un retroscena che dovrebbe essere di spionaggio, ma che è talmente male abbozzato che anziché interessare rende meno attraente la lettura, che appassionata non può essere, perché l’ambientazione e l’aria che si respira è fasulla, ricorda quella di certe produzioni cinematografiche americane, senza contare alcune ingenuità e anche qualche errore storico. E la conclusione nella laguna, che dovrebbe ingenerare un pathos, fa invece ridere, perché del tutto impossibile.
Non mi sento pertanto di consigliare la lettura di un libro che giudico decisamente mediocre.