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Chi va piano, annoia il lettore
La storia dell’umanità è destinata a ripetersi in un interminabile ciclo. In questo continuo ritorno di eventi e figure, alcuni temi sembrano ripresentasi più spesso di altri: tra questi c’è senz’altro l’intolleranza tra le diverse religioni che, portata agli estremi dalla collimazione di più fattori, sfocia quasi inevitabilmente nella peggiore violenza. E ne abbiamo prove dall’antichità fino ai giorni nostri.
Questo romanzo non ha però come sfondo l’insensato olocausto durante la Seconda Guerra Mondiale e neppure l’infinita battaglia che persiste da anni negli Stati del Medioriente. L’ambientazione scelta dalla Kalogridis è invece la Siviglia negli ultimi anni del Medioevo: una città da sempre multietnica, e proprio per questo spesso scossa da tumulti interni derivati proprio dalla coesistenza di cristiani, ebrei e mussulmani, senza contare i moltissimi conversos costretti a mantenere segreta la loro vera fede.
In questo precario scenario si muove la giovane Marisol, figlia di un cristiano e di una conversa, e per questo sempre incerta nella propria fede, in special modo quando è abbastanza grande da capire che il suo aspetto la segnerà per sempre come diversa rispetto ai suoi vicini, cristiani vecchi.
Per molti anni Marisol e la sua famiglia riescono a vivere in modo relativamente sereno, ma il ritorno della feroce Inquisizione accenderà i sospetti prima sulla madre e poi su di lei e il padre, tanto che quest’ultimo arriverà a stringere un misterioso accordo con il vicino Gabriel Hojeda, che porterà al matrimonio di questi con una riluttante Marisol.
Lavorando con il fratello proprio alle dipendenze della Santa Inquisizione, Gabriel dovrebbe poter tenere al sicuro da ogni sospetto la giovane, sebbene il cuore di lei sia ancora legato ad una vecchia proposta di matrimonio fatta da Antonio Vargas. In questa storia c’è però ben poco spazio per l’amore, perché l’autrice preferisce dar voce ai misteri intorno alla vita, e all’improvvisa scomparsa, della madre di Marisol.
Ad appesantire una trama altrimenti abbastanza lineare contribuiscono i molti comprimari, che anziché far procedere la storyline principale giungono a crearne di nuove, con i loro obiettivi o i loro desideri, creando così dell’inutile confusione dal momento che spesso si arriva ad una loro rapida uscita di scena.
Tra questi personaggi secondari è d’obbligo segnalare la presenza di diverse figure storiche, tra le quali spiccano la Regina Isabella e l’inquisitore Torquemada, che mettono così in campo un nuovo elemento nella persecuzione attuata dalla Chiesa: il desiderio di impossessarsi delle ricchezze nascoste degli ebrei e dei conversos, prima che questi riescano a portarle all’estero.
Lo stile della Kalogridis è piacevole e scorrevole, seppur la tendenza ad utilizzare molti flashback faccia procedere la trama con un’eccessiva lentezza nella prima parte del volume. A rallentare la trama sono inoltre le lunghe descrizioni degli ambienti. Anche se l’autrice possiede un innegabile talento per delineare delle descrizioni dettagliate, queste dovrebbero comunque essere funzionali alla storia, anche solo per fornire al lettore degli indizi sul proseguo degli eventi; in questo caso ci troviamo invece di fronte ad interminabili descrizioni che fanno quasi pensare ad una guida turistica alle bellezze di Siviglia.
D’altro canto, l’ambientazione storica è resa più realistica da alcuni piccoli dettagli legati alla vita quotidiana, come le pietanze consumate ai pasti o i diversi arredi degli interni; in questo caso si nota chiaramente l’eccellente preparazione storica dell’autrice.
Già dal prologo, la Kalogridis sceglie di mettere in chiaro il suo obiettivo: grazie ad un’accurata seppur rapida scorta sul passato della città spagnola, il lettore capisce subito che la storia di Marisol è stata scelta tra tante altre, ricche di sofferenze patite in nome della vera fede, del vero Dio. Scordando che nessun vero Dio comanderebbe lo sterminio di persone innocenti.