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Il buonismo di Simenon
Un Simenon in tono minore, con un romanzo che sembra scritto in due tempi: nella prima parte si riconosce l'impronta tipica dello scrittore belga (sempre impeccabile la descrizione dei villaggi normanni di pescatori), nella seconda gli eventi prendono un'insolita piega ironico/buonista e a farne le spese è la qualità della narrazione, che perde quota e diventa puro intrattenimento.
L'impressione è quella di un improvviso cambio di rotta, una specie di frettoloso ripiego dovuto forse a sopravvenute esigenze editoriali o semplicemente a mancanza di ispirazione.
La storia d'amore, con contorno di strenuo corteggiamento e schermaglie, è tutto sommato ben tratteggiata, ma nelle ultime pagine si indugia un po' troppo sul rosa (lei appesa al braccio muscoloso di lui, mentre entrambi bruciano di passione) con un prevedibile e un tantino sciocco lieto fine.
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