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Sudditi della città eterna
Raro esempio di romanzo storico perfetto amalgama di alta letteratura, saggezza, visione profetica e cultura filosofica, caratteristiche quest'ultime proprie sia dell'autrice che del protagonista, l'imperatore Adriano, che sembra dettare in prima persona a distanza di quasi due millenni il suo pensiero alla Yourcenar.
Spesso il confine tra la voce dell'uno o dell'altra è labile e ci si chiede chi è a parlarci veramente: il grande imperatore o la dotta scrittrice. La risposta la si può trovare nei "Taccuini di appunti" che nell'edizione Einaudi seguono il romanzo, in cui l'autrice spiega magistralmente:
"Ritratto di una voce. Se ho voluto scrivere queste memorie di Adriano in prima persona è per fare a meno il più possibile di qualsiasi intemediario, compresa me stessa. Adriano era in grado di parlare della sua vita in modo più fermo, più sottile di come avrei saputo farlo io."
"Chi colloca il romanzo storico in una categoria a parte dimentica che il romanziere si limita ad interpretare, valendosi di procedimenti del suo tempo, un certo numero di fatti passati, di ricordi, coscienti o no, personali o no che sono tessuti della stessa materia della storia. "Guerra e pace", tutta l'opera di Proust, che cosa sono se non la ricostruzione d'un passato perduto?"
E ancora:
"Qualunque cosa si faccia, si ricostruisce sempre il monumento a proprio modo; ma è già molto adoperare pietre autentiche."
"Quando ho fatto formulare da Adriano le sue previsioni sul futuro, mi sono tenuta nel campo del plausibile; a patto, tuttavia, che quei pronostici restassero vaghi."
Quindi da una parte l'ispirazione, l'influsso di Adriano che parla all'autrice e lei che lo lascia parlare liberamente, dall'altra la consapevolezza matura del ruolo dell'autrice. Del resto questo fondere gli opposti, conciliare i conflitti, coniugare le diversità è una costante di entrambi. A tal proposito lei scrive:
"Quando due testi, due affermazioni, due idee si contrappongono, divertirsi a conciliarle anziché annullarle una attraverso l'altra; ravvisare in esse due aspetti, due stadi successivi dello stesso fatto, una realtà convincente appunto perché complessa, umana perché multipla."
E Adriano riflette: "Ogni uomo, nel corso della sua breve esistenza, deve scegliere eternamente tra la speranza insonne e la saggia rinuncia a ogni speranza, tra i piaceri dell'anarchia e quelli dell'ordine, tra il Titano e l'Olimpico. Scegliere tra essi, o riuscire a comporre, tra essi, l'armonia."
L'armonia e la visione multietnica del grande imperatore, divenuto padrone del mondo, erede della migliore tradizione filosofica greca ed instancabile viaggiatore e viandante viene rimandata a noi attraverso molti passi:
"Già altri uomini prima di me avevano percorso la terra: Pitagora, Platone, una dozzina di saggi, e un buon numero di avventurieri. Per la prima volta, però, quel viaggiatore era al tempo stesso il padrone, libero al tempo stesso di vedere e di riformare, libero di creare. [...] Non ho mai avuto la sensazione di appartenere completamente a nessun luogo, neppure alla mia dilettissima Atene, neppure a Roma. Straniero dappertutto, non mi sentivo particolarmente isolato da nessun luogo. [...] Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo. [...] Volevo che l'immensa maestà della pace romana si estendesse a tutti, insensibile e presente come la musica del firmamento nel suo moto; che il viaggiatore più umile potesse errare da un paese, da un continente all'altro, senza formalità vessatorie, senza pericoli, sicuro di trovare ovunque un minimo di legalità e di cultura."
Centrale la figura di Antinoo, giovinetto amato da Adriano e tratteggiato mirabilmente nel periodo della sua maturazione:
"A poco a poco, la luce cambiò. Dopo due anni e più, si notavano le orme del tempo, dei progressi d'una giovinezza che si forma, s'indora, sale quasi allo zenit; la voce fonda del fanciullo s'abituava a dare ordini a nocchieri e capicaccia; la falcata più lunga del corridore; le gambe del cavaliere che stringono la cavalcatura con maggior esperienza; l'alunno, che a Claudiopoli aveva imparato a memoria lunghi frammenti di Omero, e si appassionava di poesia lasciva e raffinata, ora si estasiava di alcuni brani di Platone. Il mio pastorello diventava un giovane principe. Non era più il fanciullo zelante che, alle soste, si gettava da cavallo per offrirmi l'acqua delle sorgenti attinta nel cavo delle sue palme; ora, il donatore conosceva il valore immenso dei suoi doni. Durante le cacce organizzate nelle terre di Lucio, in Etruria, m'ero divertito a mescolare quel volto perfetto alle fisionomie grevi e aggrottate dei grandi dignitari, ai profili acuti degli Orientali, alle rozze grinte dei cacciatori barbari, a costringere il mio diletto alla parte difficile di amico. [...] Ma la sua bella bocca aveva assunto una piega amara che non sfuggì agli scultori."
Il romanzo come in questo caso indulge molto su alcuni dettagli che ci fanno intuire le inclinazioni e le abitudini spesso raffinate e privilegiate di Adriano, che accanto all'indubbio e rigoroso impegno e alla profonda visione politica, non disdegnava banchetti, battute di caccia, rituali mistici e piaceri della carne.
E' una prosa che richiede una certa concentrazione, ma aulica e maestosa, ripaga il lettore dello sforzo, ornando le vicissitudini dell'augusto imperatore con patina latina, antica, dorata, adatta a descrivere il secolo aureo di Adriano e l'apogeo dell'impero romano.
Adriano diventa il simbolo e il perno di questo ultimo splendore romano; durante il suo impero si verificano condizioni particolari e irripetibili di cui l'autrice e forse anche il protagonista sono consapevoli: la massima estensione dei confini e nel contempo la loro relativa stabilità, con il contenimento e l'integrazione dei barbari (vallo di Adriano e pax romana); il superamento delle divinità greco-romane e nel contempo la marginalità del Cristianesimo, che nel II secolo d.C non ha ancora attecchito.
Originale ed emblematica la riflessione di Adriano in merito a questa religione in fase embrionale:
"Mi ero prefisso di seguire, per questa setta, la stessa linea di condotta rigidamente equa che Traiano s'era imposta nei suoi giorni migliori; avevo recentemente rammentato ai governatori delle province che la protezione delle leggi si estende a tutti i cittadini, e che i diffamatori di cristiani sarebbero stati puniti qualora li accusassero senza prove. Ma ogni tolleranza accordata ai fanatici li induce immediatamente a credere a una simpatia per la loro causa. [...] Non mancai tuttavia di gustare il fascino commovente di quelle virtù da gente semplice, la loro dolcezza, la loro ingenuità, il loro affetto reciproco; sembravano le confraternite di schiavi o di poveri che si fondano qua e là in onore dei nostri dèi. [...] Ma non ero insensibile ad alcuni pericoli: quella esaltazione di virtù da fanciulli o da schiavi avveniva a discapito di virtù più virili e più ferme; dietro quell'innocenza insipida e ristretta, indovinavo l'intransigenza feroce del settario verso forme di vita e di pensiero che non sono le sue, l'orgoglio insolente che gli fa preferire se stesso al resto degli uomini, la sua visuale deliberatamente limitata da paraocchi. [...] Trascorsi una sera intera a discutere con Arriano l'ingiunzione di amare il prossimo come se stessi; essa è troppo contraria alla natura umana per essere sinceramente seguita dalle persone volgari, le quali non ameranno mai altri che loro stesse, e non si addice al saggio, il quale non ama particolarmente neppure se stesso."
Come s'intuisce da questi abbondanti assaggi di romanzo - mi scuso per la prolissità, ma li trovo deliziosi e illuminanti - la materia trattata è amplissima, la saggezza e la profondità del pensiero permeante e costituente un fil rouge che abbraccia tutta la filosofia e fonde l'umanesimo del mondo classico all'esistenzialismo della Yourcenar. Si rimane abbagliati da tanta ricchezza e armonia. L'impero romano tramite uno dei suoi massimi interpreti brilla di luce perpetua e ci permea di civiltà e di grandezza. Facciamo parte del tutto, siamo tutti sudditi della città eterna.
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grazie per essere arrivata fino in fondo! Mi sono lasciato prendere la mano, ma mentre scrivevo mi rendevo conto di trovarmi al cospetto di qualcosa di grandioso, prezioso e raro e che le mie parole non bastavano.
Mi sono chiesto peraltro quanto si possa citare di un testo senza infrangere i diritti d'autore...
Ho riletto abbastanza recentemente questo libro : m'è parso di non aver mai trovato una scrittura tanto bella.
Conosco piuttosto bene l'autrice, perché è fra i miei scrittori preferiti, in assoluto. Le sue pagine emanano una brezza di pacata saggezza, straordinaria cultura e coltivata intelligenza.
E' il primo libro della Yourcenar che leggo e ne sono rimasto davvero impressionato. A questo punto penso ne dovrò mettere altri nella lista.
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