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Nessuno può governare senza colpe
Il cittadino Nicolaj Salmanovic Rubasciov, membro del Comitato centrale del Partito, già commissario del Popolo, già comandante della II Divisione dell’Esercito Rivoluzionario, insignito dell’Ordine della Rivoluzione per Impavidità dinanzi al Nemico del Popolo, viene arrestato in nome della legge. Non è il suo primo arresto ma questa volta dall’altra parte non c’è il nemico, ma tutto quello in cui ha sempre creduto scoprendo che “I lupi si divorano tra loro”.
Siamo nell’Urss di fine anni Trenta, nel momento in cui le “purghe” staliniane stanno imperversando, “Rubasciov sapeva d’essere in una cella d’isolamento e di dovervi restare fino al momento di venire fucilato”. Siamo in un paese in cui “Tutti i discorsi terminavano con la conclusione che compito principale del Partito era quello di vigilare, di denunciare ogni abuso senza pietà e che chiunque non avesse adempiuto a questo dovere si rendeva complice degli ignobili sabotatori”.
Nell’attesa della sua ora, fra un interrogatorio e l’altro, in Rubasciov prende atto un cambiamento interiore che lo porterà a rivalutare tutta la sua esistenza e le sue azioni. Con maestria Koestler scava la mente del suo protagonista portando a galla molti degli interrogativi che alcuni seguaci del Partito si sono posti. “Fino a quell’istante non aveva mai immaginato la morte dell’Arlova così particolareggiatamente.
Essa aveva sempre rappresentato per lui un avvenimento astratto; gli aveva lasciato un senso di profondo malessere, ma egli non aveva mai dubitato della rettitudine logica della propria condotta. Ora…il suo modo di pensare trascorso gli sembrava pura follia”.
Rubasciov impersona il dubbio, quel bivio in cui la vecchia strada s’incontra con la nuova. Koestler ci mostra il volto dell’Urss nel momento in cui chi era buono oggi, poteva diventare cattivo il giorno dopo, e lo mostra con un’immagine che mi ha particolarmente colpito “Fotografie e ritratti scomparivano dalle pareti da un giorno all’altro; v’erano rimaste appese per anni, nessuno le aveva mai guardate, ma ora quelle macchie sul muro, che sembravano macchie di luce, saltavano agli occhi”. Non vi è mai successo di rimuovere qualcosa che era appeso da molto tempo e di continuare a vedere quell’alone fino alla nuova imbiancatura..non lasciando dubbi sull’oggetto che c’era prima…
Koestler scrive questo romanzo nel 1940 con il chiaro intento di presentare un’accusa contro il totalitarismo. La piccola introduzione che troviamo a inizio libro ci aiuta a comprendere meglio l’intendo dell’autore “I personaggi di questo libro sono immaginari. Le circostanze storiche che determinarono le loro azioni sono reali. La vita di N.S. Rubasciov è una sintesi della vita di molti uomini che furono vittime dei cosiddetti processi di Mosca. L’autore ne ha conosciuti personalmente diversi. Questo libro è dedicato alla loro memoria”.
Potrei continuare a parlare di questo libro ancora a lungo ma voglio fermarmi qui; già durante la lettura in me era nata la consapevolezza che questo libro mi avrebbe “accompagnato” anche dopo la fine. Non posso fare a meno di consigliarlo, non è un libro “crudo". Voglio lasciarvi con quest’ultimo estratto:
“Rubasciov si levò bruscamente. Aveva capito: la notizia era stata trasmessa attraverso undici celle, dai vicini del 380. I detenuti delle celle fra il 380 e il 402 formavano un collegamento acustico attraverso il buio e il silenzio. Erano inermi, impotenti, chiusi fra le loro quattro mura; questa era la loro forma di solidarietà”.
Buona lettura!!!
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