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Giuliano, i barbari sono arrivati.
Arriveranno i barbari.
I cristiani trionferanno.
Le tenebre caleranno sul mondo.
Nonostante sia stata una liceale scrupolosa (almeno per quanto concerne alcune materie), il mio primo incontro con l’Imperatore Giuliano è stato all’Università.
Esame di Storia e Storiografia romana (che ricordo singolarmente, dal momento che ogni sezione del programma era connotata da un numero e per stabilire su quale argomento avrebbe interrogato, il docente portava da casa un sacchettino con i gettoni della tombola e l’esaminando doveva estrarre da sé il suo destino. E va be’).
Giuliano, nipote di Costantino (sì, quello dell’editto di Milano), educato da vescovi e precettori esclusivamente cristiani… decide di ripristinare il paganesimo e di “scoraggiare” quanto più possibile il diffondersi di quella che reputa una piaga per l’umanità, l’uomo, la scienza, l’arte e la bellezza etc, cioè il cristianesimo.
Diventa imperatore in modo più o meno fortuito e… ci prova davvero.
E questo non è quello che racconta Gore Vidal.
Questo è ciò che si trova sui libri di storia.
Mentre mi preparavo per l’esame mi domandavo perché non vi fossero libri e film e fumetti e – che so – album di figurine, canzoni, poesie, serie tv su una figura tanto singolare. Storie d’altri tempi, di prima di wikipedia.
Non appena seppi dell’esistenza dell’opera di Gore Vidal mi lanciai ai leggerla e l’amore divampò, come sempre avviene per tutte le cause perse, quando sono proprio perse.
E in questo momento in cui mi diletto con le Memorie di Adriano e converso con me stessa, Marc’Aurelio e lui stesso, ho pensato (complice il “solito” gruppo di lettura) di rileggere il “Giuliano” di Gore Vidal.
L’autore immagina che alla fine della breve parentesi del regno di Giuliano, due amici, Libanio e Prisco, che lo hanno ben conosciuto, decidano di pubblicarne una sorta di biografia/elogio.
Uno dei due possiede copia dei diari e degli appunti dell’imperatore e il carteggio immaginario fra i due amici e le pagine dei commentari di Giuliano costituiscono il libro di Vidal.
Ne emerge un Giuliano bambino e poi adolescente vivace e intelligente, molto annoiato e sensibile.
A cui segue un giovane appassionato di cultura e filosofia, impetuoso e perfino caotico e bohemien, a tratti, che ogni tanto infila le sue lunghe e condivisibilissime (almeno per me) tirate contro i cristiani e il loro culto per la morte e tutti i suoi orpelli più o meno macabri o francamente schifosi.
Molto esilarante a descrizione del giovane principe che passa un pomeriggio intero costretto ad adorare non so quale tibia miracolosa, mentre il vescovo precettore cerca di convincere lui e il fratello a costruire addirittura un “ossario” (ossia una chiesa) per conservare i preziosi resti.
La – documentatissima a quello che sembra – storia di Giuliano raccontata da Vidal, scorre via veloce e senza una sbadiglio, fra i motti dell’imperatore, i battibecchi dei due amici filosofi e il senso di immane tragedia che pervade le pagine che descrivono il mirabile tramonto della grandezza di una civiltà che aveva saputo creare cittadini che per prima cosa erano “romani” (e che poi potevano dedicarsi pure a venerare il dio che preferivano); dove “Roma” non era un “campanile” ma neppure una città, una regione o una nazione, ma un concetto che nasceva sulla pragmatica di strade, terme, acquedotti, mezzi di trasporto e di comunicazione, e su scuole, arte, scienza.
E dove potevi essere imperatore anche se nascevi in Spagna o in Africa o a Costantinopoli, come Giuliano.
Mala tempora currunt.
Prendo congedo con le parole di Prisco (in assoluto il mio personaggio preferito, un acidulo, ironico e bilioso vecchio filosofo).
“Mentre scrivo queste righe, lo stoppino della lampada sfrigola: è arrivato alla fine, e la chiazza di luce in cui siedo si restringe. Fra poco la stanza sarà buia. Abbiamo sempre temuto che la morte fosse così. Ma c'è altro? Con Giuliano la luce si è spenta e dopo di lui non ci resta nulla, solo lasciare che le tenebre avanzino, sperando in un nuovo sole, in un giorno nuovo, nato dal mistero del tempo e dall'amore dell'uomo per la luce.”