Dettagli Recensione
Ricordati di Adriano.
Memorie di Adriano – Marguerite Yourcenar, 1951.
“Non ho mai compreso come si possa essere sazio di un essere umano.”
Ci racconta Erodoto che Re Dario, sovrano dell’impero più esteso del mondo, fino a quel momento, dopo essere stato sconfitto dalla piccola confederazione di polis greche guidata da Atene, ordinasse ad uno schiavo di ripetergli, ogni volta che gli veniva servito il pasto: “O padrone, ricordati degli Ateniesi”.
Io non ho schiavi e son singolarmente poco incline alla riflessione, quando sono affamata, non di meno, voglio anch’io un motto da ripetermi con solerzia, almeno due/tre volte al giorno e anche di più, casomai indulgessi in pensieri del tipo “le mie capacità di giudizio sono indipendenti.”
Il motto è “Accidenti a me e a chi non me lo dice” in sintesi: “Ricordati di Adriano.”
La (lunga) spiegazione a questa bizzarria, in coda alla recensione.
Memorie di Adriano – Marguerite Yourcenar, 1951
“Vi è più di una saggezza, e sono tutte necessarie al mondo: non è male che esse si alternino.”
Le Memorie di Adriano è uno dei libri più belli che abbia mai letto.
Uno di quelli scritti meglio. Non riesco ad immaginare – nonostante i preziosi taccuini allegati – come Yourcenar abbia potuto farlo/pensarlo/volerlo/esserlo, forse, alla fine.
Non è una raccolta di motti, di massime filosofiche, di pensieri in cui tuffarsi, dentro uno scafandro, per trovare il bandolo o sondarne le profondità.
No.
È una storia.
La storia di Adriano, raccontata in prima persona. La storia della sua vita, dall’infanzia fino alla morte. È una storia da cui è difficile prendere congedo, un testo (che sia sempre benedetto l’e-reader che ho potuto riempire di note, sottolineature, commenti in modo che un cartaceo non avrebbe mai potuto sopportare) che vorrei trascrivere per paura che i pensieri che ha creato possano venir meno. Da cui – in effetti – fatico a separarmi e non credo che lo farò, alla fine.
Una storia che ti accompagna tanto che ogni tanto ti sorprendi – scioccamente – a chiederti “che cosa penserebbe Adriano?”, bypassando d’un balzo l’autrice e circa duemila anni.
Accompagniamo Adriano prima come studente, poi soldato, imperatore, amante, maturo, vecchio, malato.
Facciamo affidamento sul suo sguardo lucido e schietto, ma mai tagliente. Affettuoso e fiero, ma mai compiaciuto. La grandezza dell’autrice è innanzitutto nella sua capacità di “sparire” dal testo (e infatti faccio un certo sforzo a non scrivere “Adriano pensa/dice/scrive”) e nel condurti per mano attraverso un racconto che ti costringe a interrogarti, domandarti, PENSARE.
Tutti i libri fanno pensare e non solo i libri, per fortuna.
Questo però di costringe un po’ di più a pensare e ad argomentare.
Su di te e in prima persona. E va anche detto che non permette scorciatoie facili e consolatorie.
Però ecco.
Fa stare bene.
Per l’equilibrio che crea e regala al lettore. Per un argomentare che non “sbava”, ma che non diventa mai cinico. E per un’austerità che non diventa mai grettezza (anzi) e una generosità che non diventa “volemose bene”.
“Piccola anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora t’appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti. Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che certamente non vedremo mai più…
Cerchiamo di entrare nella morte a occhi aperti.”
Spiegazione (?)
Possiedo questo libro dal 15 marzo del 1994 (come da epigrafe), dono di una preziosa zia, l’anno della maturità. Finivo Germinale ed arrivò lui.
Sperduta al paesello, non potevo essere più lontana dai fasti di Roma Imperiale. Non di meno lo assaggiai.
Ricordo come singolarmente bello – e faticoso – immergersi in quella scrittura “densa”e ricca. Fermarsi ad assaporare le parole. A pensarle.
Poi cominciarono i “complimenti”.
Brava che leggi ‘sto libro, hai proprio voglia di metterti a leggere di filosofia prima di dormire, bello, ma pesante e – in ultimo, il peggiore – ti ammiro, piacerebbe anche a me leggerlo, ma mi mancano le basi.
Ora ‘sta cosa delle basi.
Come tutti gli studenti privilegiati che hanno potuto studiare filosofia alle superiori…( inciso. Io penso che in tutte le superiori si dovrebbe studiare filosofia. Per una marea di ragioni, la più stupida è per imparare ad argomentare e a sostenere una posizione qualunque in modo razionale. La seconda è per acquisire un linguaggio con cui articolare il pensiero. Ci si riesce anche da autodidatti, certo e anche senza filosofia, sicuramente. Però non a quell’età. E acquisirlo a quell’età serve immensamente. Per tutelarsi e per formarsi. Ma diventa troppo lunga…)
Dicevo.
Come tutti gli studenti privilegiati che hanno potuto studiare filosofia alle superiori ho avuto un amore potente e coinvolgente per la filosofia classica.
Perché è la prima, perché è coinvolgente perché – santa pace – SI CAPISCE. Mi sono soverchiamente frantumata le gonadi con la scolastica (tiè, manco la maiuscola ti ci metto), ho avuto un importante ritorno di fiamma per i medievali non baciapile come Abelardo ed Ockham, fino ad Erasmo e poi all’Illuminismo e ai vari Hume e Locke.
Va poi detto che dopo Carl Marx, ho smesso di capire di che cosa parlava la filosofia.
Ricordo lo sconforto mentre studiavo Kant ed Hegel. Non tanto per la complessità, ma proprio per il non capire di che cosa si stava parlando. Mentre studiavo lo schematismo trascendentale, mi ricordo che ho provato a leggere il paragrafo del manuale dall’ultima parola alla prima.
…e ho capito allo stesso modo.
Cioè niente.
E Adriano arrivò più o meno in questo periodo.
E io le basi non le avevo.
E neanche le altezze.
Messo da parte.
All’università di furono altri incontri con la filosofia, in cui me la sono più o meno cavata (anche barando un po’) e pensavo che fosse finita. Mai più mi sarei spaccata la testa con qualcosa che non capivo in modo così viscerale.
Ma come disse forse Talete, l’acqua che non si beve annega.
Non mi ero estasiata traducendo Seneca? Non mi ero inorgoglita della definizione di “Stoica calvinista” che mi affibbiò un professore?
Togliendo i matti forse potevo trovare qualcosa di buono & bello?
Ho tergiversato per anni, perché il trauma delle pagine e pagine lette senza capire di che si parla mi è rimasto vivido (e livido). Finché alla fine, dopo aver ribazzicato un vecchio amore, che era pure un imperatore filosofo, cioè Giuliano l’Apostata, ho deciso di riprendere le Memorie di Adriano.
Senza basi e senza altezze.
Be’.
Accidenti a me e a chi non me lo dice perché non l’ho fatto prima e perché mi son fatta intortare dalle recensioni/commenti che dicono che senza basi non puoi capire, se non hai fatto filosofia non puoi capire, se non hai quarti di romanità o altre scemenze non puoi capire.
Onta e disonore su di me per aver prestato orecchio – a causa del vecchio trauma – a queste scempiaggini.
Come re Dario, voglio qualcuno che, ogni volta che mi glorio per la mia imparzialità di giudizio, mi dica “ricordati di Adriano”.
Indicazioni utili
Non servono "basi" di alcun genere. Non privatevi di questa lettura.
Commenti
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Federica
Ho da poco terminato di rileggerlo e, come accade per tutti i grandi libri riletti, l'ho trovato ancora più bello. La Yourcenar ha una scrittura di una bellezza straordinaria, in cui semplicità ed eleganza sono strettamente unite e sempre vi brilla l'intelligenza. Quasi ogni frase meriterebbe una sosta di riflessione. Bene ha fatto l'autrice a individuare nella latinista Lidia Storoni l'ideale traduttrice, capace di trasmettere alla versione italiana l'armonia della classicità.
E preziosa l'informazione che ignoravo (ma un pensierino a provare la lettura in francese l'ho fatto, devo dire). Della Yourcenar ho letto solo "Novelle Orientali" al liceo, ma credo che quanto prima porrò rimedio.
:)
e non mi stanco di ripetere che è davvero un piacere naufragarci quando mi ci imbatto. Credo che il tuo sortilegio stavolta compirà il prodigio di
sottrarre alla polvere e all'incuria anche il mio "Memorie di Adriano"
schiodandolo dallo scaffale della libreria dove giace tacito in attesa di giudizio.
Grazie ancora, a presto!
Il contrinuire a soffiar via un po' di polvere da Adriano mi rende particolarmente fiera.
Ti auguro che ti piaccia quanto è piaciuto a me, buona lettura!
La prima cosa che ho pensato leggendoti è stata: chissà com'è leggere Adriano in francese e non in latino... per dire quanto ci si "immedesima" nell'imperatore.
So che la Yourcenar ha scritto in francese, ma mi richiede sempre un pizzico di riflessione ricordare che è "lei" non "lui" e che è francese, non latino etc.
Comunque penso che una sbirciata in francese la darò, purtroppo il mio livello è infimo, ma voglio comunque fare un tentativo.
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