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Ibrido
L’ autore definisce la propria opera” bizzarro amalgama di narrativa, biografia psicologica e pedagogia della psicoterapia” alla cui base c’è un debito notevole rispetto ad una bibliografia specialistica e rispetto all’idea di biblioterapia – speciale cura avente come farmaco la lettura dell’intero corpus filosofico- tratta da un’opera di Bryan Magee, citato come gli altri nei ringraziamenti finali.
Julius Hertzfeld , brillante professore di psichiatria presso l’università di California, scopre improvvisamente di avere un anno di vita e decide di viverlo dedicandosi completamente alla conduzione del suo gruppo in terapia. Introduce in esso Philip Slate ,un ex paziente che ebbe in cura per un disturbo della sfera sessuale, dopo averlo rintracciato e dopo aver scoperto che da chimico è diventato anch’egli un terapeuta che ambisce al counseling filosofico, essendo appunto prima di tutto un filosofo clinico con tanto di dottorato alla Columbia. I due pattuiscono uno scambio reciproco di favori: Julius vuole inserirlo nel suo gruppo per cercare sostanzialmente di capire dove fallì con l’ex paziente e Philip decide di parteciparvi per avere in cambio duecento ore di supervisione professionale.
Imbastite le premesse narrative, l’intero scritto prosegue alternando la cronaca della terapia di gruppo alla biografia di Schopenhauer; è chiaro fin da subito che la sua filosofia è stata la terapia di successo per Philip il quale continua a nutrire la sua esistenza con le massime e gli assiomi del grande filosofo facendo suo soprattutto l’aspetto pessimista e misantropo.
Affascinata dall’originale modulo narrativo e inizialmente colpita anche dallo stile di scrittura, particolarmente efficace negli inserti biografici, ho goduto appieno della lettura per poi notare una certa ridondanza nei contenuti e giungere ad un finale abbastanza ovvio. Complessivamente l’opera mi lascia una conoscenza gradevolmente romanzata della biografia di Schopenhauer, in virtù di essa consiglio la lettura del libro, ma una delusione rispetto al prodotto letterario che perde la sua originalità nella mancata caratterizzazione dei singoli personaggi affidata ai dialoghi all’interno del gruppo. Il caso clinico Philip Slate, interessantissimo soggetto, avrebbe potuto essere un personaggio indimenticabile se solo Irvin Yalom avesse smesso i panni di psichiatra per vestire maggiormente quelli dello scrittore. Interessanti comunque gli innumerevoli spunti di riflessione introdotti: la vita, la morte, l’importanza di un corretto approccio relazionale, la terapia di gruppo, le ansie, le ossessioni, le fobie.
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