Dettagli Recensione
Il lavaggio del cervello
In questo libro conosciamo Pierrot/Pieter. Che è lo stesso bambino. Nasce come Pierrot, in Francia, ma le vicissitudini della sua famiglia ed il contesto storico in cui nasce gli cambiano poco alla volta la vita e pagina dopo pagina, dopo che si trasferisce in un’altra casa con la zia, che è altro non è che una delle figure della servitù di Hitler, si trasforma in Pieter. Sempre lo stesso bambino, che aveva l’amore ed il rispetto nel cuore, ma che si ritrova corrotto dal potere, fino a diventare un perfetto nazista giocattolo in miniatura. Il doppio nome è un simbolo che nel libro porta a identificare com’era, come diventa, e come anche ritorna. Perché se è vero che Pierrot è un nome che già di suo invoca tenerezza (e questo bimbo con la sua storia te ne fa provare tanta), Pieter è giù un nome più duro, più forte, ma altro non è che la stessa persona. Il libro ha sullo sfondo temi storici scottanti. Ha una buona storia, ma non ben sfruttata a mio avviso, in quanto molti passaggi sono troppo veloci e bruschi. Un altro tema importante è quello dell’educazione, ovvero quanto un’educazione può influenzare un’indole e cambiare una persona, ma è un tema che poteva essere sviluppato in modo più articolato, anche con l’aiuto di personaggi secondari che qui sono proprio solo veloci comparse. Buono è il finale, che chiude il cerchio con la prima parte della storia che era quella con cui ti eri affezionato a Pierrot. Ritrovarlo, in fondo, è stato il miglior modo di chiudere il libro.
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