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Un'altra testimonianza
Natale 1944. In una Berlino devastata dai bombardamenti e ormai ridotta ad un immenso rogo, un vecchio autobus alimentato a carbone, in quanto il carburante è disponibile solo per i mezzi militari, trasporta un piccolo gruppo di bambini ariani considerati “privilegiati” perché diretti, per essere ospitati qualche giorno, al Bunker di Hitler situato sotto la Cancelleria del Reich.
Tra questi c’è anche Helga che insieme al fratellino Peter e grazie al tenace interessamento di una zia acquisita, strenua collaboratrice dell’ Ufficio Propagandistico di Goebbels, vivrà cinque minuti di storia che avrebbe preferito dimenticare ma che le rimarranno impressi indelebilmente nella memoria. Sull’onde delle paradossali mosse propagandistiche del Ministro Goebbels, Helga potrà vedere con i suoi occhi l’interno della dimora del Fuhrer, un “angusto dedalo di morte dall’architettura senza futuro”.
Ad esso si accedeva attraverso una ripidissima scala venendo fagocitati da una serie di corridoi stretti e bui, illuminati da luci che apparivano sinistre. L’atmosfera era calda e umida e toglieva il fiato unitamente all’intollerabile odore di gasolio usato per il funzionamento dei gruppi elettrogeni e ad un intenso sentore di muffa che cresceva abbondante in quegli ambienti soffocanti.
I bambini venivano sottoposti a visita medica per escludere malattie e veniva artificiosamente dato loro un aspetto il più salutare possibile, colorandone i visetti, smunti per la fame patita, con lampade a raggi ultravioletti. Ma la vera attrattiva e il vero privilegio era sicuramente il cibo che avrebbero ricevuto.
Le cantine del bunker infatti straripavano di scorte alimentari e di ogni altro genere materiale, necessario e non.
Ai bambini era stato prospettato l’uso di beni ormai introvabili, come il dentifricio e la carta igienica ma soprattutto un’abbondante offerta di succulente salsicce distese su fette di pane bianco il cui sapore era stato ormai dimenticato.
Ma l’abbondanza di cibo, dopo tanto tempo passato a stomaco vuoto, si traduceva in vomiti e malesseri che rendevano ancora più opprimente l’atmosfera claustrofobica che ivi regnava.
Fuori la popolazione civile, senza cibo,né acqua,né gas,né luce, era allo stremo delle forze.
A conclusione di questa esclusiva visita, la fugace apparizione di un Hitler ricordato come vecchio, curvo, stanco e tremante, con il passo strascicato e una stretta di mano debole e sudaticcia. Gli occhi contornati da ragnatele di rughe profonde, i famosi baffetti ingrigiti in un volto completamente sfatto che conservava, solo nello sguardo ancora fermo e penetrante, tutto il suo sinistro magnetismo.
Helga Schneider ci offre ancora una volta una testimonianza lucida e coinvolgente tratteggiata dalla sua scrittura semplice ma profondamente trascinante e ci regala un’ ulteriore memoria che possa insegnarci che la guerra è capace di distruggere insieme alle vittime anche i carnefici, insieme ai vinti anche i vincitori.