Dettagli Recensione
L'umanità di un imperatore
Quando Platone nella sua Repubblica auspicava l’avvento di uno Stato in mano ai filosofi, era probabilmente a figure come quella di Adriano che pensava utopisticamente. Nel romanzo di una vita, tra anni di sconforto e di ricerche appassionate mirabilmente documentati negli affascinanti Taccuini, Marguerite Yourcenar traccia il ritratto di uno dei più interessanti imperatori romani. Adriano regnò nel II secolo, il saeculum aureum, periodo di grande prosperità di un impero ormai stabilizzatosi istituzionalmente e territorialmente, ereditato dall’illustre predecessore Traiano, emblema del buon governo. Il motivo della non casuale scelta di questa figura è spiegato dall’autrice stessa, affascinata da un imperatore vissuto in un’epoca di transizione, in cui andava ormai decadendo la fiducia nella religione tradizionale e ancora non si era diffuso il cristianesimo: si tratta quindi di un’epoca che vede inevitabilmente al centro l’uomo e la sua vita continuamente in bilico tra il Titano e l’Olimpico.
Di conseguenza, la Yourcenar esclude ogni traccia di sé stessa nell’opera, lasciando la parola allo stesso Adriano che, in una fittizia lettera al successore Marco Aurelio, traccia la propria autobiografia, ripercorrendo con una vena di nostalgia romantica la sua intera vita, dagli esordi nella carriera politica e la mai celata brama del potere alla morte al termine di un ventennio di regno finalizzato a consegnare ai posteri un impero all’altezza della sua storia, passando per la giornaliera meditazione sulla filosofia e sulle arti, sull’amore e sul buon governo, sull’uomo e sugli dei, sul mondo e sulla sorte, sulla vita e sulla morte. Ulisse costantemente in cerca della sua Itaca, come lui stesso si definisce, l’Adriano approfonditamente studiato e ritratto in maniera storicamente fedele dalla scrittrice francese è un imperatore di cui emerge tutta l’umanità: la rievocazione delle vicende storiche fa da sfondo a un diario di commiato dalla vita e altro non è che uno spunto per indugiare su riflessioni esistenziali, politiche, morali, culturali che accompagnarono la vita dell’imperatore nell’età senza gli dei.
Annullando così la distanza tra un imperatore e un uomo qualsiasi, l’opera viene quindi a sottrarsi alla troppo semplicistica definizione di romanzo storico, raccogliendo e amalgamando in sé l’eredità della letteratura filosofica e del saggio storico. Ne nasce un’opera dal valore universale sull’esperienza umana, come apertamente dichiarato dall’autrice nei Taccuini (“Ogni uomo che ha vissuto l’esperienza umana sono io.”) e di straordinario valore culturale anche in relazione alla storia contemporanea. Più volte infatti è possibile scorgere dei velati riferimenti quasi premonitori alla modernità nelle parole di un imperatore certamente molto avanti rispetto al suo tempo in ambito culturale. E non è un caso che fortissimo sia l’appassionato richiamo di Adriano alla cultura greca, tesoro di tutti quei principi di civiltà, politica ed etica che Roma è riuscita a metter in atto all’ennesima potenza, dando vita a uno splendore culturale che la contemporaneità sembra andar perdendo. Ed è qui che si inserisce il più forte monito, terribilmente attuale, della Yourcenar alla sua era: “Fondare biblioteche è un po' come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l'inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire.”.
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Le tue recensioni sono sempre molto interessanti. La Yourcenar è sicuramente una grande scrittrice. Ho apprezzato questo libro, ma preferisco i testi della sua trilogia autobiografica "Le labhirint du mond". Tu li conosci? Che cosa ne pensi?