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Un imperatore, un uomo.
Marguerite Yourcenar lavorò per molti anni alla stesura definitiva di “Memorie di Adriano”, opera che fu pubblicata negli anni cinquanta e che per la sua ricchezza e molteplicità di aspetti sia contenutistici che stilistici, é difficile definire semplicisticamente romanzo storico o saggio filosofico: essa é, infatti entrambe le cose e molto di più.
La ricerca puntuale effettuata con metodo scientifico di documenti storici, atti e testimonianze riguardanti la figura dell’imperatore romano Adriano, riporta al concetto greco di istoría, che implica una ricerca effettuata nel presente di fatti del passato, con un uso del tempo molto diverso da quello teorizzato da Bergson come durée che ha influenzato tutto il romanzo del novecento. Certo in questa prospettiva si potrebbe definire romanzo storico qualsiasi narrazione di fatti radicati in un tempo e uno spazio ben definiti.
Il racconto é affidato alla voce narrante dello stesso Adriano e si svolge in forma di epistola indirizzata a Marco Aurelio, nel momento in cui l’imperatore vede scemare le sue forze e avvicinarsi il momento della morte. L’epistola si compone di sei parti, ciascuna delle quali ha un significativo titolo in lingua latina. Adriano non esita a definirsi anima vagula, blandula, consapevole della sua fragilità interiore nel momento in cui sente vicina la fine. Ed è una figura complessa nella sua toccante umanitá, quella che la Yourcenar ha ricomposto di questo grande del passato che aveva cercato di regnare con giustizia, pur consapevole di commettere errori e imparzialità, talvolta, solo per il bene del suo popolo.
“Varius, multiplex, multiformis” Adriano definisce se stesso. Né é ignaro dei torti fatti a Sabina, la compagna che ha spietatamente ignorato e alla quale ha preferito l’amore del giovane Antinoo. E qui la Yourcenar non esita a soffermarsi su ciò che si può intendere per libertà : “Ho cercato la libertà più che la potenza, e quest’ultima soltanto perché in parte secondava la libertà”.
L’amore di Adriano per Antinoo assume l’aspetto dell’esperienza decadente che ci ricorda il Mann di “La morte a Venezia”. Antinoo come Tadzio, fanciulli, che rappresentano un ideale di bellezza classica che trasforma l’esperienza estetica in desiderio carnale, dimostrando quanto labili siano i confini tra sfera intellettuale e sfera fisica.
Il romanzo storico si trasforma in saggio allorché affronta argomenti quali la schiavitù, la condizione della donna, la legge e l’arte.
“Non credo che alcun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tutt’al più ne muterà il nome.” Nulla di più vero persino oggi dopo tanto cammino verso la democrazia e verso il rispetto per i diritti umani. La schiavitù ha cambiato forma e tuttavia appare evidente nella perdurante sopraffazione dell’uomo sull’uomo.
“Ho insistito affinché nessuna fanciulla sia data in moglie senza il suo consenso:lo stupro legale é ripugnante quanto qualsiasi altro.”Adriano appare consapevole della condizione di inferiorità in cui si trova la donna del suo tempo, e anche il suo giudizio sull’efficacia dell’applicazione delle leggi appare di una modernità sconcertante: “ Bisogna che lo confessi: credo poco alle leggi. Se troppo dure, si trasgrediscono, e con ragione. Se troppo complicate, l’ingegnosità umana riesce facilmente a insinuarsi entro le maglie di questa massa fragile, che striscia sul fondo.”
Bellissimo il pensiero di Adriano sull’arte. Egli esalta ogni forma d’arte che si concentri intorno all’uomo. È l’uomo l’interesse principale di questo imperatore illuminato. “[.....] La nostra arte ha preferito attenersi all’uomo. Noi soli abbiamo saputo mostrare in un corpo immobile la forza e l’agilità ch’esso cela; noi soli abbiamo fatto d’una fronte levigata l’equivalente d’un pensiero.”
Ripercorrere la propria vita è per Adriano l’esperienza estrema. Egli è consapevole della sofferenza che genera la memoria e tuttavia non ne nega né ne respinge l’utilità. “La memoria della maggior parte degli uomini é un cimitero abbandonato, dove giacciono senza onori i morti che essi hanno cessato d’amare.”
“Patientia” é il titolo dell’ ultimo capitolo di quest’opera, il capitolo più toccante, più profondo in cui Adriano, cosciente della fine che si avvicina, pur favorevole nel passato al suicidio, come fine dignitosa d’una vita, sente di dover accettare come supremo sacrificio il degrado fisico, e il dolore del corpo, come naturale conclusione di un tempo trascorso ad amare, a soffrire, a godere della bellezza della natura e a sentire il peso delle responsabilità della gestione del potere. Ed ecco ora Adriano torna a essere l’anima vagula e blanda che cercherá di entrare nella morte a occhi aperti.
Marguerite Yourcenar ci ha consegnato il ritratto di un imperatore che fu uomo prima d’ogni altra cosa, un uomo senza tempo, grande nello spirito, fragile nei sentimenti, forte nel decidere.
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Molto interessante la piccola nota introduttiva sulla tematica del romanzo storico
Federica
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La Yourcenar è fra gli scrittori che preferisco. Nelle sue opere, anche in quelle 'minori', pone sempre argomenti di riflessione, e anche quando tratta di cose lontane si avverte un fremito che riguarda noi tutti, adesso. E' l'afflato cosmico, che B. Croce assegna alle opere grandissime, che la nostra scrittrice ci dona con squisita naturalezza.