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Etica del silenzio
Nel 1945 Natalia Ginzburg traduce per Einaudi Le silence de la mer di Vercors, massiccio montuoso delle Prealpi francesi, diventato lo pseudonimo di Jean Bruller, disegnatore e scrittore clandestino della Resistenza.
50 pagine, sei mesi, cento serate invernali di silenzio-cura, di silenzio-pensiero, di silenzio-protesta.
L’ufficiale tedesco Werner von Ebrennac interagisce e seduce, ricorda e si rivela. La giovane donna rimane vigile, ascolta interessata, agisce la sua ostinazione… “Le donne hanno una divinazione felina” (p.36) . Esse sanno che “per conquistare basta la Forza: non per dominare” (p.46).
Accanto a L’uomo in rivolta di Camus ritroviamo l’etica del silenzio, l’opposizione cocciuta di Vercors. L’ostinazione del silenzio come antidoto al compiacere, come , come presenza che non si nega e non nega la speranza nell’accadere. “Noi non chiudemmo mai la porta a chiave … io non posso offendere un uomo senza soffrire, si tratti pure anche del mio nemico.” (p.12)
e, ancora, con attenzione, in risposta, una voce che tace di donna, parola negata e pensata. Parola che custodisce, che lavora, vincente e che non vince.
“Appresi quel giorno che una mano, per chi sappia osservarla, può riflettere le emozioni al modo stesso di un volto – al modo stesso e meglio d’un volto, poiché sfugge di più al controllo della volontà. E le dita di quella mano si distendevano e si richiudevano, si stringevano e s’afferavan tra loro, s’abbandonavano alla mimica più intensa, mentre il volto e tutto il corpo permanevano immobili e compassati.” (p.40)
è l’unica parola dolorosa, infine, silenziosamente offerta alla relazione mancata dalla Storia.
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Complimenti per il bel commento e per la scelta di lettura. Per me è un invito a riprendere questo libro letto anni fa , quando forse ero troppo giovane per apprezzarlo come penso meriti.