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Giorni vissuti sul ciglio del burrone
Nel 1940, Lisbona è una porta. Una porta sull'oceano per tutti quei cittadini americani che intendono lasciare l'Europa.
Hitler sta portando la guerra nei diversi punti del continente, e gli Stati Uniti non risparmiano invii di grandi navi verso la capitale portoghese: solo così potranno rimpatriare quanti più cittadini possibile, prima che accada l'irreparabile.
A Lisbona sono appena arrivati Julie e Pete Winters, provenienti da Parigi: nella città francese hanno lasciato la loro casa, la loro vita faticosamente costruita negli anni. Pete è rassegnato al ritorno, e razionalmente non vede alternative; Julie, invece, aveva giurato a se stessa di dimenticare l'America: sarebbe disposta a ricominciare lì dove sono ora, pur di non tornare indietro.
Al bar Suica conoscono un'altra coppia di americani in attesa di rimpatrio: quella formata da Iris ed Edward Freleng. L'incontro avviene per caso, ed è il caso a vederli alloggiati in due hotel diversi ma dal nome praticamente identico (in quel momento nel quale gli alberghi cittadini sono presi d'assalto dagli esuli).
Nei giorni che mancano all'atteso attracco delle navi, le due coppie iniziano a frequentarsi. Ai “bordi” dell'Europa, dove migliaia di vite cambieranno il loro corso, i quattro stranieri paiono vagare come turisti incuranti della catastrofe che verrà. Ma anche quell'incontro è in qualche modo destinato a cambiare le loro vite...
“I due hotel Francfort” è un libro ambizioso, elegante, sorretto da una valida idea di partenza. Che tuttavia finisce per restare incompiuta.
L'autore, David Leavitt, si concentra sul rapporto tra i quattro personaggi, sulla trama psicologica che li lega quanto più essi si frequentano (non risparmiando sorprese al lettore). Finisce però per “mangiarsi” tutto il resto: pochissimi accenni all'atmosfera che precede gli anni più bui della seconda guerra mondiale; mentre del regime instaurato da Salazar in Portogallo si parla in fin dei conti una volta sola (nella parte in cui si ricorda l'ordine del dittatore di portare sempre le scarpe in pubblico, compresi coloro che non possono permettersi di comprarle e perciò rischiano l'arresto). Tanto che il libro lascia l'impressione di poter “reggere” altri contesti storici (quello di un paese dell'epoca coloniale al momento di conseguire l'indipendenza, ad esempio).
Il succo della vicenda è nel pericolo di annientamento morale per i protagonisti, che origina non dalla guerra incombente ma dal loro stesso istinto autodistruttivo. Il lettore appassionato di dinamiche di relazione vedrà svelate solo alla fine tutte le zone d'ombra dell'animo, delle quali parla Leavitt: accadrà quando l'emergere del “background” di alcuni personaggi potrà chiarire il perché di azioni apparentemente controproducenti. Allora sarà il conflitto interiore a precedere quello mondiale...
“Un'allegria artefatta ci accompagnava in quelle serate, la finzione di essere solo due coppie in giro per la città e non quello che eravamo veramente, cioè una piccola compagnia di commedia dell'arte di tre componenti, che eseguiva la sua pantomima per il pubblico inconsapevole di una sola persona... Si, sono sicuro che se ci aveste visti in quelle sere, avreste pensato che eravamo grandi amici, che mangiavano aragosta e bevevano vinho verde e parlavano di... di cosa?”
Commenti
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Ho già sentito parlare di questo autore, tanto che alcuni anni fa stavo per leggerne qualcosa, non l'ho ancora fatto. Temo sia un autore troppo concentrato sulla sfera psicologica dei protagonisti. Con questo nulla di male, anzi, ma dipende da cosa un lettore si aspetti. In questo romanzo in particolare, come tu ben evidenzi, un certo interesse al contesto storico avrebbe dato più consistenza all'intero lavoro.
Dell'autore ho letto solo qualche racconto (non memorabile); mi è difficile immaginarlo alle prese con un contesto storico così impegnativo.
Mian, non so che dirti: non mi sento di consigliare nè di sconsigliare la lettura. Dal mio riassunto credo che ognuno possa valutare se ritiene il libro adattarsi al proprio gusto... Tra l'altro, non mi ero accorto che la copertina riproduce un quadro.
Silvia, credo che darò a questo autore una seconda occasione, anche se non subito: pare che abbia avuto successo da giovanissimo, prima dei trent'anni, e che si sia creato un suo zoccolo di affezionati lettori.
Non ho letto nulla di suo prima, Emilio: devo dire che ha una buona capacità di scolpire i personaggi, anche se mi è sembrato scaltro nello scegliere i temi... Una furbizia che non diventa irritante solo perchè ha saputo temperarla con una certa eleganza stilistica.
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Non ti nascondo che, vuoi per la copertina riportante uno dei quadri più importanti di Vettriano, vuoi per la trama che di per sé accarezza la mia curiosità, è da qualche settimana che osservo questo componimento indecisa sul sé acquistarlo o meno perché se da un lato la mia bramosia di sapere ne è ed è stata tentata ,dall'altro vi è sempre stato un qualcosa che non mi ha completamente convinto.
Ti ringrazio per l'esposizione chiara e per l'ottima ed esaustiva opinione che ci hai nuovamente donato.