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Nei vortici della storia
Il titolo del romanzo sintetizza in modo sin troppo esplicito il suo contenuto: la storia di una famiglia che è nello stesso tempo storia della comunità askenazita, il ceppo ebraico dell’Europa orientale. Ambientato nelle province polacche dell’impero russo, in un arco temporale che va dalla seconda metà dell’ottocento al secondo decennio del novecento, la narrazione delle vicende di una famiglia ebraica è, come nel “La famiglia Karnowsky”, il filo conduttore di una storia ben più ampia.
I due fratelli gemelli, rappresentano due volti di un’identità ebraica che Singer ritrae con autenticità, senza sconti, partendo dal loro padre, Abraham Hirsh, ricco commerciante e capo della comunità ebraica della città di Lodz, rigoroso osservante della cultura chassidica, studioso del Talmud. Il rigido rispetto di una serie dettagliata di norme di comportamento, di minuziose ritualità, la scala di valori che deriva dalla inflessibile ortodossia ne fanno una figura sconcertante agli occhi degli estranei alla cultura dell’ebraismo dell’Europa orientale: la sua principale preoccupazione per gli ebrei della sua comunità, prigionieri dopo una sommossa contro l’occupazione russa, non è cercare di farli uscire di prigione, ma evitare che si trovino a mangiare cibo non rispondente ai principi della cucina kosher; considera apostata un ebreo della comunità locale che lavora come tessitore in un’azienda tedesca, un “crimine che andava oltre qualsiasi misfatto che potesse aver commesso in passato”, perché sarebbe stato obbligato a lavorare di sabato, avrebbe mangiato cibo non kosher e forse persino carne di maiale;
La parte iniziale del libro è un’immersione nella tradizione, nelle ritualità e nella cultura chassidica. Israel Singer, figlio e nipote di due rabbini, di due scuole diverse, la descrive con precisione e ricchezza di dettagli, ma anche con distacco emotivo. Non vi sono segni di rimpianto per un mondo che all'epoca della pubblicazione del libro (1936) mostrava già segni di declino e che la shoa avrebbe poi tragicamente sradicato. Gli stessi due figli, nonostante la speranza di Abraham Hirsh, di farne “ebrei timorati di Dio” si staccano dalla tradizione, dalla frequentazione della sinagoga, anche se restano legati alla comunità ebraica, in particolare con un matrimonio deciso dalle famiglie con il supporto di mediatori . Questa parte, ricca di descrizioni e particolari, può essere indigesta a chi non è interessato o incuriosito dalle regole ossessive dell’ebraismo chassidico.
Il romanzo decolla quando i due fratelli gemelli iniziano il loro percorso di vita autonomo. Due percorsi distinti, contrapposti, antagonistici fra Simcha Meyer, il primo nato, quindi anche se per pochi minuti con i diritti di primogenitura, e il secondogenito Jacob Bunim. L'uno determinato, caparbio, intelligente e astuto, spregiudicato mira unicamente al successo economico; il secondo troverà nelle sue qualità estetiche e nella simpatia suscitata da un carattere gioviale le armi vincenti per una carriera altrettanto brillante, ma fortemente aiutata da fattori esterni alle sue scelte e alla sua volontà.
Il racconto della vita dei due fratelli si dilata in una trama più ampia che diviene romanzo storico, in cui entrano via via la rivoluzione industriale, l’evoluzione economica della città di Lodz, le conseguenti tensioni sociali, la prima guerra mondiale, la rivoluzione d’ottobre. Una sequenza di avvenimenti cui fanno da sottofondo le tensioni ed i conflitti interni ad una comunità in cui si trovano a convivere, interagendo per i rapporti economici e di lavoro ma senza integrarsi, polacchi, russi, tedeschi ed ebrei; questi ultimi destinati ad essere oggetto a ripetizione di gravi atti di pesante intolleranza. I conflitti dei “gentili” contro gli ebrei sono il primo segnale della tempesta in arrivo, il terreno di coltura dell’antisemitismo nazista che il romanzo non fa a tempo a cogliere. Singer descrive con giusta indignazione il pogrom di Leopoli degli anni venti, in cui morirono settantadue ebrei, senza poter immaginare che la stessa città, alcuni anni dopo la pubblicazione del libro, sarebbe stata teatro di un eccidio ben più tragico, con l’annientamento di una comunità ebraica stimata in duecentomila persone.
Il romanzo presenta una ricca galleria di personaggi che si arricchisce progressivamente: fra questi spicca Nissan, l’ebreo che dedica la propria esistenza alla lotta proletaria, sino alla rivoluzione d’ottobre, mettendo nell'adesione ideologica al marxismo lo stesso rigore che il padre rabbino metteva nell'applicazione del Talmud e ricadendo nelle stesse amare frustrazioni per le delusioni causate dalla realtà dei comportamenti umani.
Non vi è spazio per i sentimenti in questo libro, né sembra possano esserci in una comunità ebraica in cui le donne hanno un ruolo pesantemente marginale: una comunità in cui hanno un ruolo determinante interessi economici e stratificazione sociale come Singer descrive senza remore e sfumature apologetiche. Solo nella lotta di Simcha Meyer, nel suo cadere e risollevarsi si può vedere l’allegoria di una comunità gravata dal “fardello primordiale dell’essere ebrei, il duplice peso di questo mondo e del prossimo” e che negli anni venti inizia a fare i primi passi per tornare alla terra promessa della Palestina.
Non vi è in questo libro l’emozione dei sentimenti che si trova in “Giobbe” di Joseph Roth né la rigorosa scansione temporale e spaziale del successivo romanzo di Singer “La famiglia Karnowsky”; Lo stile è asciutto, il libro è corposo. Tuttavia il romanzo, con una vigorosa e rigorosa descrizione delle tragiche vicende in quella parte dell’Europa che è stata epicentro delle tragedie del secolo scorso, offre un quadro storico di notevole interesse.
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Dell'autore ho letto un solo libro, "La famiglia K...", discreto romanzo ma con qualche limite che lo distanzia dall'eccellenza.