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La disgregazione di una famiglia e il crollo di un
Non ci è possibile, purtroppo, cogliere tutte le più sottili sfumature di questo romanzo di Isaac Bashevis Singer, giunto a noi nella traduzione italiana. L’originale fu scritto in jiddish, per una chiaro tentativo dell’autore di conservare ancora una parte di quella cultura ebraica che andava estinguendosi. E lo jiddish sembra essere una lingua particolarmente complessa. Nonostante ciò rimane grandissimo il valore dell’opera, anche nella sua traduzione, per la rappresentazione di un mondo in crisi, drammaticamente e inesorabilmente condannato a scomparire.
Attraverso la storia di una grande famiglia che ha nel suo patriarca il proprio punto di riferimento, con grande realismo Singer analizza i limiti, le debolezze, i vizi di una parte di quella comunità ebraica residente nell’Europa orientale. I personaggi da lui creati sono di grande spessore, dal capostipite Meshulam, a Abram, a Asa Heshel, a Koppel per non parlare dei bellissimi personaggi femminili, da Adele a Hadassah a Lia. Non risparmia nessuno Singer, di tutti mette in risalto i difetti e i vizi, ma lo fa senza alcun intento moralistico, anzi quasi con indulgenza. È per questo che il lettore non è mai portato a condannare gli eccessi di Abram, pronto a soddisfare le sue improvvise e accese passioni, al punto da ignorare il principio del bene e del male, così come è indulgente verso le debolezze di Asa Heshel. Forse il personaggio verso il quale Singer è più spietato è Koppel, di cui mette in rilievo la grossolanità e la disonestà.
C’è sempre una grande differenziazione tra i personaggi maschili e quelli femminili. Dei primi si sottolineano i difetti, dei secondi la concretezza e la volontà. Ma è certamente Asa Heshel, il personaggio più significativo, per ciò che egli rappresenta nella comunità ebraica di quel tempo e di quei luoghi. Egli è l’intellettuale che non riesce tuttavia a completare alcun progetto iniziato. Studioso di Spinoza, entra in conflitto con l’ebraismo, per il fatto stesso che Spinoza escludeva il principio del creazionismo. Dunque l’inerzia di Heshel compromette tutti i suoi rapporti affettivi. Egli in un certo modo si compiace della sua infelicità e della sua incapacità di amare, pur amando appassionatamente. La sua condizione è la condizione stessa dell’ebreo prigioniero delle sue incertezze. Egli non riesce neanche ad aderire al sionismo, perché in esso non vede la soluzione ai problemi del popolo ebraico. Ciò che per altri rappresenta una speranza per Asa Heshel è solo un’illusione. Egli è dunque l’uomo singolo e parte d’una collettività a un tempo. Il suo destino non può essere che assistere al totale sconvolgimento del suo mondo, all’annientamento e alla distruzione dei valori che gli erano appartenuti. La conclusione del romanzo non lascia alcuna speranza. Se la nostalgia del passato per altri autori di religione ebraica di provenienza mitteleuropea derivava dal rimpianto d’un ordine e di un’armonia perdute, per Singer il passato non ha in sé alcunchè di mitico. Il vuoto è incolmabile. La morte è totale. L’ultima frase pronunciata da Hertz Yanovar è emblematica: “Il Messia verrà presto.” […..] “La morte è il Messia. Questa è la verità.”
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