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L'anno della morte di Ricardo Reis
 
L'anno della morte di Ricardo Reis 2015-02-24 22:39:45 bluenote76
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bluenote76 Opinione inserita da bluenote76    25 Febbraio, 2015
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Non si domandi pertanto al poeta ciò che ha pensat

Il celebre poeta portoghese Fernando Pessoa, considerato uno dei più grandi scrittori del secolo scorso, resta ancora oggi una figura affascinante e sconcertante allo stesso tempo, anche per la creazione dei cosiddetti eteronimi. A differenza degli pseudonimi, che sono semplici soprannomi che un artista può decidere di darsi, l’eteronimo è una figura a tutto tondo, con una biografia, una personalità definita e uno stile di scrittura peculiare. Pessoa si creò vari alter ego, tra i quali uno dei più complessi e completi resta certamente Ricardo Reis, immaginato come medico espatriato in Brasile nel 1919 e poeta di gusto classicistico. Siccome Pessoa, a differenza che per gli altri eteronimi, non aveva attribuito a Ricardo Reis un anno di morte, lo scrittore portoghese futuro premio Nobel José Saramago (Azinhaga, 1922 – Tías 2010) ne approfittò per colmare la lacuna con la sua fervida fantasia nel romanzo L’anno della morte di Ricardo Reis.
Ricardo Reis ha lasciato la patria nel 1919 dopo la guerra civile e la restaurazione della repubblica. Torna a Lisbona, ormai alle soglie dei 50 anni, alla fine del 1935, quando il Paese è sotto la dittatura fascista di Salazar. Ricardo Reis si stabilisce nella capitale, prima in albergo poi in un appartamento, finché la morte lo coglie in una calda giornata del 1936. In questi mesi l’uomo vive una vita piuttosto solitaria, attirando anche i sospetti della polizia che comincia ad indagare su di lui. Nelle sue giornate però, e nei suoi pensieri e nelle sue fantasie, entrano anche due donne, Lídia e Marcenda, e l’ombra di Pessoa (morto nel 1935), che nei momenti e nei luoghi più diversi va a trovarlo e a dialogare con lui.
José Saramago racconta gli ultimi mesi di vita di Ricardo Reis, disegnando un personaggio assolutamente realistico; inoltre fa di questo uomo schivo, nostalgico, non privo di meschinità un testimone passivo degli eventi epocali di quegli anni: la dittatura di Salazar, la rivoluzione e il successivo scoppio della guerra civile spagnola. Sullo sfondo, un’Europa in cui dilaga il fascismo.
La posizione politica di Reis è diversa da quella di Saramago: da moderato, il personaggio rifiuta tanto il fascismo con la sua tronfia, grottesca retorica e l’inaccettabile soppressione di tutte le libertà quanto il comunismo, che gli appare un’esplosione di energie anarchiche incontrollabili; la simpatia dell’autore per i resistenti comunisti emerge invece evidente, soprattutto nella seconda parte del romanzo e in particolare quando si racconta lo sfortunato ammutinamento delle navi sul Tago. La compresenza di due punti di vista rende la lettura più complessa, ma anche certamente più ricca.
Il romanzo diventa dunque anche, come sempre accade in Saramago, e qui più che altrove, un pretesto per discutere di storia e di politica, con particolare riferimento ad eventi cruciali della patria Portogallo: al contrario del suo personaggio, apatico osservatore degli eventi, lo scrittore non esita ad esprimere i suoi giudizi battaglieri, severi e sferzanti, ostili ad ogni dittatura fascista chemassifica e umilia l’uomo, privandolo della libertà e della dignità.
Dei tanti romanzi di Saramago L’anno della morte di Ricardo Reis non è probabilmente dei più felici sotto il profilo artistico: soprattutto la prima parte ha un ritmo tanto lento da risultare quasi esasperante. È un difetto, se mai di difetto si può parlare per un genio della scrittura, che, in misura inferiore, si riscontra anche in altri romanzi, ma che in questo caso rende particolarmente pesante la lettura.
D’altro canto non mancano i tocchi inconfondibili del maestro: introdurre ad esempio il fantasma di Pessoa, con il quale il protagonista discute di politica, di vita e di morte, conferisce a certi passaggi un’atmosfera surreale e onirica che nulla toglie al realismo della narrazione nel suo complesso (tanto che qualcuno ha parlato di romanzo storico) e che anzi aggiunge una nota ulteriore ad una già ricca sinfonia di toni e motivi. E tra tutte resta impressa la figura di Lídia, la serva amante, una delle figure più umane della narrativa di Saramago: assolutamente vera nella sua semplicità, nella sua spontaneità, nella sua intelligenza, nella sua sensibilità, nella sua presa di coscienza progressiva e sofferta della necessità di proiettarsi oltre, verso un futuro più giusto – nonostante il prezzo che sarà necessario pagare.

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Bellissima recensione, Riccardo. Mi annoto subito il titolo del libro, perché non l'ho ancora letto.
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