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La parigina di Roussillon
1937. Lisette lascia Parigi, e un promettente impiego in una galleria d'arte, per seguire André in un villaggio della ventosa Provenza: è li che Pascal, l'anziano nonno di André, è rimasto solo e bisognoso di assistenza. Salvo arrivare a Roussillon ed accorgersi che Pascal non ha affatto bisogno di cure: nonostante l'età avanzata, passa le giornate a giocare alle bocce con gli amici ed a custodire gelosamente gli oggetti legati ai propri ricordi. Allora, se è questa la situazione, perché Pascal ha indotto il nipote e la sua giovane moglie a lasciare la capitale e i loro rispettivi lavori e ad accorrere in quel luogo sperduto?
Il motivo è legato proprio a Lisette – come lei stessa scoprirà presto con gran meraviglia – e a quell'epoca bella di fine '800 (la belle epoque, per l'appunto) in cui la Francia aveva accolto grandi artisti alla ricerca di ispirazione, tra cui pittori del talento di Cezanne, Pissarro, Gauguin, etc...
L'ultimo libro di Susan Vreeland – l'autrice de “La passione di Artemisia” – è indubbiamente pensato e ben costruito, più di quanto un veloce riassunto della trama lasci pensare.
Parte con un idilliaco “quadretto” di vita provenzale ma, già dopo il primo quarto del volume, vira verso toni drammatici: nell'anno 1940, infatti, la Francia sposa la causa antinazista, per poi diventare l'ennesimo obiettivo di conquista delle truppe hitleriane di invasione. A quel punto la “lista” di Lisette – rimasta a Roussillon con molte meno certezze di quando vi è giunta – acquista la sua reale importanza nella trama del racconto (che si conclude ad undici anni di distanza dal suo inizio).
Va dato atto alla scrittrice statunitense di aver saputo rendere in modo elegante e coinvolgente l'atmosfera di un piccolo paese della provincia francese – evidentemente attraverso un accurato lavoro di documentazione –, come anche di aver ben descritto le ansie di chi combatte una guerra mondiale tra le mura di casa, consumandosi nell'attesa del ritorno delle persone amate e nelle rinunce e insidie quotidiane da affrontare in solitudine. La parte centrale del libro (quella che abbraccia gli anni del conflitto mondiale) risulta perciò coinvolgente e piacevole.
I primi capitoli del libro non sembrano avere lo stesso passo: alla grande capacità descrittiva (di ambienti e abitudini, anche quando si tratta di delineare il particolare in poche parole) non corrisponde altrettanta bravura nel gestire quelle scene che dovrebbero gettare luce sui rapporti tra i protagonisti e che invece scontano dialoghi e situazioni a volte banali.
Discorso analogo per le ultime 150 pagine del libro, che – avendo sullo sfondo una Francia che prova a rialzarsi dopo la fine della guerra – si tramutano in una sorta di “caccia al tesoro”. E' vero che l'autrice saprà giustificare in parte tale sviluppo con un inaspettato escamotage della trama, ma ciò non ripaga della macchinosità con cui vi giunge.
Al netto di queste imperfezioni, “La lista di Lisette” resta un libro da leggere in quanto mirabile ritratto di una maturazione: quella di una donna che, inizialmente spensierata nella sua passione per l'arte, dimostrerà – a se stessa per prima – di saper tirare fuori una forza inaspettata nelle peggiori avversità.
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Federica