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Un romanzo al femminile
Settecentocinquanta pagine e una miriade di personaggi nell’ultimo romanzo di Almudena Grandes, che ci immerge nella storia della Spagna dagli anni trenta fino agli sgoccioli del ventesimo secolo.
Tra le tante figure di donne, tre spiccano per il loro spessore morale e per il loro coraggio: Manolita, la protagonista, Eladia e Isabel. Per ciascuna di loro la vita si dipana in tutta la sua durezza, esige sacrifici e compromessi che talvolta devono mettere a tacere la coscienza. In un paese dilaniato dalla guerra civile, regna la sfiducia e la diffidenza. Ogni uomo ostile al regime è esposto al rischio di una condanna assurda, anche solo per aver distribuito volantini sovversivi, come nel caso di Silverio. Se vivere e sopravvivere è difficile per Antonio, Tasio, Juani, ancor più lo è per le loro donne che il carcere lo conoscono dentro e fuori, che vivono l’umiliazione fisica e morale, che viene loro imposta quale prezzo per essere vicine ai loro compagni. È il disgusto che coglie Manolita, con le degradanti perquisizioni impostele per congiungersi con Silverio, è l’inferno che attraversa Eladia per proteggere Antonio, è l’aberrante persecuzione che subisce Isabel, la cui unica colpa è di essere la figlia di due prigionieri politici. E non c’è ambiente che possa costituire un luogo di protezione per queste anime miserabili, neanche il convento dove Isabel è trattata in modo disumano, dove la generosa protezione di Suor Carmen viene ostentatamente interpretata come un’amicizia particolare, dove non esiste né giustizia né onestà spirituale. “Perché per noi c’era solo una vita possibile, il carcere dentro e fuori del carcere, le reti dei parlatori, il cimitero dell’Est, e i lavatoi dove una ragazzina minorenne si consumava le mani facendo il bucato con la soda”. Queste le parole di Manolita, che con profonda amarezza capisce come il regime tradisca il proprio impegno di educare le figlie più grandi dei detenuti, mentre dedica attenzione all’istruzione delle più piccole, più docili, sulle quali è più facile “calcare sopra una memoria opposta” a quella originale.
Eppure l’affievolirsi della speranza che alimenta la miseria e la povertà di questi personaggi femminili non impedisce loro di lottare, ciascuno a modo suo.
Se le donne di questo romanzo emergono per le loro qualità, gli uomini vengono rappresentati in maniera piuttosto diversificata, nessuno emerge in modo particolare. Interessante dal punto di vista umano è “La Palmera”, il diverso costretto a rinunciare al suo trucco appariscente, perché non accettato dal regime. Generoso e appassionato, protegge le persone che ama.
Molto ben delineato è il personaggio dell’Orejas, il delatore, l’infido, il subdolo confidente della polizia che suscita indignazione e disprezzo nel lettore.
L’eccessiva lunghezza e il numero dei personaggi penalizzano certamente il romanzo, che tuttavia offre un’interessante descrizione d’un periodo storico drammatico e tormentato. La lotta per la libertà che costò la vita a tanti giovani non potrà essere dimenticata. Chi ha combattuto per il proprio paese ha certamente perseguito il sogno di creare una realtà di cui essere orgogliosi, per cui valga la pena sacrificare interessi singoli e particolari.
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