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L’ultima tentazione di Cristo
 
L’ultima tentazione di Cristo 2014-10-08 18:53:25 catcarlo
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
catcarlo Opinione inserita da catcarlo    08 Ottobre, 2014
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L’ultima tentazione di Cristo

Per apprezzare appieno questo romanzo, una delle due opere, l’altra è ‘Zorba il greco’, conosciute ai più del poliedrico autore di Creta (che fu anche filosofo, poeta e giornalista) è necessario liberare la mente dalla sua iscrizione nell’Indice dei Libri Proibiti e, possibilmente, anche dalla bella versione cinematografica firmata Martin Scorsese. Ciò che resta è un libro intensissimo e a tratti meraviglioso che, benché la sua complessità necessiti di una notevole attenzione, costringe il lettore a voltare le pagine per il desiderio di rimanere sprofondato nelle sensazioni che lo avvolgono senza scampo. Semplificando al massimo, quella che scorre fra i capitoli è la biografia romanzata di Gesù di Nazareth, una libera reinterpretazione della sua parabola terrena che si discosta dal racconto dei Vangeli (da cui i problemi con tutte le organizzazioni religiose cristiane esistenti e le gesta fanatiche all’uscita del film): pressappoco monofisita al contrario – tanto che Maria resta in secondo piano - il racconto vede un uomo che viene invaso dalla divinità e dapprima oppone resistenza cercando di peccare il più possibile (inclusa la costruzione di croci per l’invasore romano) per poi arrendersi fino ad accettare il sacrificio che però è preceduto dall’ultimo sussulto di appartenenza terrena rappresentato dalla tentazione di cui al titolo, fatta di lavoro quotidiano, poligamia, figli, vecchiaia. Un uomo per molti versi debole – anche la predicazione di cui è protagonista ondeggia tra il messaggio d’amore che gli è proprio e lo spirito battagliero infusogli da uno spiritato Battista – che però trova la forza di superare le sue debolezze per affrontare un compito terribile. Kazantakis ambienta il tutto in una Palestina dello spirito, ora calcificata nell’abbagliante luce del sole, ora inondata da temporali che ricordano il diluvio: la precisione geografica è l’ultima delle preoccupazioni (e qua e là ci scappa anche qualche anacronismo), ma non stupisce in un romanzo in cui hanno così grande importanza i sogni e le visioni. Forse si potrebbero anche definire allucinazioni, anzi forse tutto potrebbe essere un’allucinazione, ma le pagine che le descrivono hanno una grande forza e molte sono tra le migliori, accompagnate da passaggi altrettanto indimenticabili che raggiungono uno degli apici quando Gesù se ne va all’alba dalla casa di Maddalena e lei, disperata, se ne accorge solo al risveglio. L’amore, corrisposto e impossibile, fra i due è una delle grandi invenzioni che rimettono in gioco i protagonisti della storia conosciuta: il rivoluzionario Giuda, diffidente all’inizio e poi tanto fedele al Maestro da accettare di tradirlo, i pavidi e ondivaghi apostoli capeggiati da un Pietro (mai chiamato Simone) generoso ma testardo e che contano tra le loro fila Matteo che sceglie di – o, per meglio dire, è obbligato a – pubblicare la leggenda in un’opera che Paolo è poi decisissimo a proseguire, un potere terreno (il sinedrio, Pilato) solo accennato perché tanto ogni cosa è già stata decisa altrove. Più interessanti sono però, forse, i personaggi aggiunti o del tutto reinventati, dal Cireneo oste sbevazzone, ma che si rivela migliore di molti altri, al piccolo capitalista Zebedeo, dai monaci del deserto alla figura finemente delineata del vecchio rabbi, padre di Maddalena, mentre il povero Lazzaro, dopo un angosciante resurrezione, è poco più di uno zombi. Tutti tasselli che si incastrano alla perfezione in una narrazione ricca e dall’ampio periodare classico per un crescendo emotivo al quale è difficile resistere: se qualcuno decide di rinunciarvi per idee preconcette, beh, peggio per lui.

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