Dettagli Recensione
Una grande famiglia
Un libro bellissimo! E' bellissimo da mille punti di vista: la scrittura che raggiunge delle punte eccezionali, la storia che prende il lettore, la profondità dei contenuti, il modo in cui sono descritti i personaggi con umana simpatia, con ironia, con leggerezza. Tutto un mondo è messo in discussione, il mondo ebraico, la religione, Dio. Tutto un modo di vivere si scontra con la modernità e con nuove scuole di pensiero: Spinoza ad es. Un postulato dell'etica di Spinoza fa coincidere moralità e felicità: l'unico scopo dell'umanità dovrebbe essere dunque il piacere. Questo postulato viene sviluppato e discusso nel romanzo.
Tutti i personaggi del libro, i figli di Moskat e i figli dei figli, sono alla ricerca della felicità. Per questa ricerca vengono buttate all'aria famiglie, valori, si ruba. Ogni affanno, cattiva azione, arrabattamento non porta a niente. Tutto è vanità. L'uomo non si muove di un pelo dalla sua condizione d'infelicità se non per peggiorarla ulteriormente. Il giudizio morale dello scrittore non pesa mai sulle azioni dei personaggi. C'è nel libro un clima di grande comprensione, simpatia, affetto per le debolezze umane. I personaggi più cari sono quelli più umani. Restano nell'ombra quelli che si trincerano dietro a rigidi precetti o che li impongono agli altri. Ma prima o poi, il buon cuore ha la meglio sui precetti.
Alcuni personaggi sono indimenticabili: ad es. Abram, il vecchio satiro gaudente e generosissimo; Hadassah la ragazza pura nel senso di pulizia morale e di pensiero che sembra quasi l'agnello sacrificale della storia, Adele, Koppel, Asa Hashel.
La storia di Hadassah fa riflettere su come Dio sembri tartassare alcune persone che devono scontare i peccati di altri. E comunque è bellissimo il fatto che ogni personaggio ha la sua anima, i suoi dubbi, i suoi pensieri e debolezze, un po' come i personaggi dostojeskiani. Questo scrittore mi sembra affine al grande Dostojeski e mi ha ricordato Irene per il tema della ricerca del piacere e della felicità nel piacere. Dosto. forse è più ingenuo(non come scrittura che è profondissima) ma nel fatto che in alcuni suoi romanzi si intravede una pace, un riposo possibile dei due amanti l'uno nell'altro. Per Singer non c'è grande amore che tenga. L'uomo è votato all'infelicità, non ha pace nè scampo dalla sua condizione. C'è il rimpianto per la religione accettata e vissuta pienamente perchè chi ha fede in Dio è più sereno se non più felice. Bellissimo il personaggio dell'usuraio Fishel, marito cornuto di Hadassah, che si dimostra più pietoso della madre della ragazza. Non dà giudizi, si ritira e lascia a Dio il compito di guardare nell'animo dell'altro. Arriva a pensare che forse Hadassah deve scontare qualcosa per gli altri. Bellissimo anche il suo opposto, Koppel, il ladro. Bello che questi personaggi con tutte le loro contraddizioni hanno un'anima in cerca, con i suoi dubbi e debolezze. Sono personaggi vivi e vivaci, più vivi delle persone vive. E in tutto questo pandemonio umano si inserisce il periodo storico terribile che è quello che va dalla prima alla seconda guerra. Già dalla prima guerra aleggia quel clima che poi Hitler porterà alle estreme e naturali conseguenze esprimendo in azioni l'antisemitismo presente da tempo in Europa. E' la fine del mondo, del mondo ebraico. Anche se Singer, nonostante il suo sguardo limpido, ironico, penetrante non rinuncia a una speranza per il futuro. Non sta nell'amore vero (non c'è amore vero che tenga anche se forse tutti gli amori lo sono un po') non nella religione, non negli ebrei. Singer vuole avere fede nelle nuove generazioni. Non possono essere peggiori dei loro genitori. Ecco i figli dei figli che partono per la Palestina, per fondare un mondo nuovo. Nel vecchio mondo, la verità è terribile. Come diceva Guccini, nel vecchio mondo, nella vecchia Europa Dio, il Messia, è morto.
L'uomo è morto anche lui, probabilmente, come Asa hashel: doveva seguire Dio o morire e l'etica di Spinoza l'ha portato alla morte interiore.
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Commenti
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Anche a me il libro e' piaciuto moltissimo.
Secondo me, ad una lettura storico-sociale, rappresenta il passaggio della nuova generazione del mondo ebraico dalla cultura della tradizione a ... niente, ad un vuoto devastante.
Ti segnalo che e' uscito in traduzione recente il finale del libro, che da noi era stato 'tagliato'. Dicono che sia molto interessante e meno pessimistico.
Comunque, mi pare che la parte ora pubblicata s'intitola appunto ''L'ultimo capitolo ... ''.
Dell'autore ho letto delle parti dell'opera autobiografica ''Alla corte di mio padre'' e il racconto adatto anche ai bambini ''Zlatek, la capra" : interessanti e gradevoli, ma letterariamente non al livello del romanzo recensito.
Chissà se la storia assomiglia al romanzo scritto dal fratello La famiglia K:? Immagino che la scelta del titolo e del tipo di storia volesse essere un omaggio al romanzo di Israel.
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