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Lo chiamavano pikadon
Nato nel 1898 nei pressi di Hiroshima, Ibuse Masuji non fu diretto testimone del disastro nucleare ma come uomo di Hiroshima scrisse questo romanzo che gli valse premi prestigiosi in Giappone, nonche' una fortissima diffusione fuori dal Paese.
Esperto nella stesura di romanzi storici, egli studio' in maniera capillare fonti ufficiali e testimonianze popolari fino a comporre, vent'anni dopo il fallout, il libro La pioggia nera.
Il suo lavoro non vuole essere un reportage; partendo dal presupposto che ogni testimonianza dei superstiti di fatto diviene attraverso le parole scritte " finzione narrativa" , egli intesse un racconto che cuce un insieme di voci. Prevalentemente con l'utilizzo del diario l'autore ricrea le immagini di quei giorni attraverso gli occhi della gente, ma mediate e rielaborate dalla sua scrittura.
Lo stile e' asciutto, distaccato, privo di virtuosismo estetico ma perfettamente consono al fine.
Attraverso gli scritti dei protagonisti si ritorna a quel maledetto 6 agosto del 1945 in uno scenario oscenamente mortificante. Mortificante si rivela anche la lettura del volume, quasi che per osmosi le radiazioni invadano il corpo sano del lettore. Le pagine scorrono e inebetita devo interrompere per la nausea, per la claustrofobia che mi assale e mi fa posare il libro, uscire, pensare e' successo davvero, non e' finzione, non e' un pericolo scongiurato, con che diritto l'uomo compie determinate scelte. Ben lungi dal cataclisma naturale, privo di intenzione e pianificazione anche nella sua violenza, l'autore mi incalza a chiedermi : quando l'uomo ha smesso di essere natura ?
L'apocalisse di Hiroshima compie un ciclo di sterminio immane, radicale e globale. Le morti immediate sono solo l'inizio dell'attacco atomico, poi le radiazioni infliggono ai corpi dei sopravvissuti e delle generazioni a venire una pestilenza sconosciuta. L'ignoto, pensate che allora nessuno conosceva la parola "bomba atomica" che in quei giorni veniva chiamata "pikadon" , termine coniato dai bambini e i cui ideogrammi indicano la luce ed il fragore dello scoppio.
Nessuna traccia di vittimismo nel testo che trasuda invece di vertigine ed orrore dignitosi, nemmeno si accenna alla ricerca storica delle motivazioni strategiche che vollero l'uso dell'atomica sui civili. Questo e' infatti ancora oggi il messaggio di Hiroshima, magistralmente ricalcato da Ibuse, che mira allo smantellamento nucleare a prescindere dal dove e dal perche'; gli ordigni che vennero sganciati sul Giappone sono privi di nazionalita', sono armi sganciate sull'umanita', dall'umanita'.
"Bimbo, guarda che nuvola."
E' una lettura terribile. Terribile. Proprio per questo bisognerebbe affrontarla.
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Commenti
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letture forti, testimonianze o ricostruzioni, indelebili
E' un argomento penoso, inoltre i giapponesi parlandone non risparmiano nulla, sanno essere dettagliati ed insistenti. E così e' giusto che sia, su questo dramma.
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Forse ci vuole il momento giusto per leggerlo.