Dettagli Recensione
Questione di principio
“Viaggio alla fine del millennio” è uno splendido affresco storico, ricco di contenuti che ci spingono a una serie di considerazioni tra cui, si possono amare due persone contemporaneamente?
è giusto imporre le proprie idee e la propria moralità al prossimo ?
si può vivere e condividere il mondo con il mio acerrimo nemico ?
la diversità ci unisce o ci allontana ?
chi è “come me”, è realmente in grado di capirmi oppure è più facile condannarmi per le mie scelte?
Le risposte potrebbero essere facili ma quando la teoria viene posta in prosa molte delle domande che mi sono sorte hanno ottenuto risposte diverse, rispetto a quello che d’acchito mi sarei immaginato di rispondere.
Un testo che può essere un inno all'accettazione, oppure, una denuncia alla disuguaglianza, che un popolo intero ha dovuto assumere; per sopravvivere alla mancanza di una patria e proteggersi per la condanna di essere degli apolidi raminghi. Tutti i personaggi sono splendidamente e intimamente rivelati, tanto che si viene a creare, con grazia e delicatezza, un empatia profonda . Tutti splendidi personaggi : Ben-Atar, Abu-Lufti, Abulafia e ancora il rabbino, Esther-Mina, lo schiavo nero pagano, e tanti, tanti altri. Un Viaggio non solo da Tangeri a Parigi e da Parigi al Reno. Ma un viaggio nel universo della diversità ideologica, e morale, che spicca ancora più marcatamente quando il popolo Israelita del Sud e quello del Nord sono costretti a confrontarsi. Si, perche più si scorrono le pagine e più il modo di vivere e di percepire il mondo del protagonista, il mercante Ben-Atar, si palesa nella profonda affinità con il popolo Ismaelita, di cui ne fanno parte l’equipaggio della nave e Abu-Lufti ,socio in affari di Ben-Atar. Il tutto nasce dal distacco forzato che, Abulafia impone allo zio Ben-Atar, per via della ripugnanza morale (e non solo) della nuova consorte europea ,la quale chiede ad Abulafia una prova d’amore, rinunciando per sempre alla società con lo zio Bigamo e immorale, agli occhi di Esther-Mina . E allora Ben-Atar, forte delle sue convenzioni, certo di poter dimostrare non solo la giustezza della sua bigamia ma anche la grandezza del suo equo amore dinnanzi alla restia moglie, decide di raggiungere Abulafia a parigi, costringendolo così ad un confronto diretto che mai prima gli aveva concesso. Parte quindi, in un impresa titanica, affiancato da un rabbino andaluso, pronto a difenderlo a suon di argomentazioni calzate in punta di sacre scritture, bibliche e talmudiche . E accompagnato in questo Viaggio da sei marinai mussulmani, la prima e la seconda moglie, suo personale schiavo nero, e il terzo socio, si avvia verso l’ignoto, che scoprirà essere non solo lo scuro e grigio paesaggio europeo, ma anche usi costumi e tradizioni di un popolo costretto ad adeguarsi alle culture dominanti. E questa è la domanda che mi ha accompagnato con prepotenza per tutto il testo "tanta diversità, in un unico popolo, gli permettarà mai di prosperare o forse è proprio questa la sua forza ?"
Abraham Yehoshua scrive in modo sublime e attraente, per quanto il testo proceda lento, la sua fabula compensa la monotonia, regalandoci con eleganza attimi di vita quotidiana e paesaggi indimenticabili. Ogni momento, sensazione e emozioni sono descritte con dovizia di particolari e gusto. Mi sono imbarcato quindi anch’io con Ben-Atar e la sua compagnia di viaggiatori arabi verso un tesoro che solo una volta chiusa l’ultima pagina, e sceso dal vascello di guardia costiera,si scopre quanto è prezioso.
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