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LA MENTE DI ANNA PUO' ANCORA VOLARE...
“SI SONO PRESI LA MIA LIBERTA’. MA LA MIA MENTE PUO’ ANCORA VOLARE”.
Questa frase è il cuore palpitante del romanzo; queste poche parole racchiudono tutta la sofferenza, il senso di abbandono e disperazione, che travolgono la giovane Anna, nel momento in cui accade qualcosa che mai avrebbe potuto pensare potesse accaderle. Nello stesso tempo però, lasciano uno spiraglio aperto alla cara , salvifica e viva speranza, che si continuerà a respirare tra le righe del romanzo.
Siamo nell’ottocento. Anna è una giovane donna, da poco sposata a Vincent ,vicario più anziano di lei, autoritario, maschilista, preoccupato solo di mantenere decorose apparenze, ma più spregevole del peggior delinquente. L’uomo rispecchia in pieno, il concetto dell’epoca per cui le donne, dovevano “stare al loro posto” obbedendo al marito, senza poter prendere la minima iniziativa su nulla. Il loro ruolo doveva svolgersi al meglio tra le mura domestiche allo scopo di servire ed accudire il proprio consorte.
Anna è giovane, bella ed altruista, venendo a conoscenza di un naufragio appena avvenuto, dà voce a delle “visioni” che la tormentano da tempo, riguardanti un bambino che si lancia da una scogliera e viene inghiottito dal mare gelido. Così parte senza chiedere nessun permesso per andare ad aiutare i naufraghi superstiti.
Al rientro l’aspetta la gelida collera del marito, che, senza darle nessuna spiegazione, la trasporta a “Lake House” , manicomio a gestione privata.
Anna è sgomenta che il proprio marito possa averle fatto questo, nel momento in cui capisce dove è stata portata, cerca di ribellarsi a quello che l’attende, protesta, scrive lettere al coniuge, alle sorelle, senza ricevere risposte, già, nulla esce da Lake House, le lettere vengono aperte dalla crudele e sadica signora Makepeace,carceriera senza cuore, che gode vedendo la disgrazia altrui.
Nel frattempo i giorni passano, ed Anna comincia a conoscere le ospiti della struttura, tra le quali Lizzie Button, strappata ai suoi quattro figli da allusioni sulla di lei sanità mentale avanzate dalla suocera, sfociate nel ricovero, alla signora Batt, fatta rinchiudere perché innamoratasi dell’uomo sbagliato.
Bravissima l’autrice nel tratteggiare uno scorcio, se pur romanzato, della condizione della donna all’epoca.
Diagnosi bislacche e false, torture mascherate da terapie quali il salasso, le purghe, le docce gelide, la sedia rotante. Il sentirsi autorizzati a calpestare la dignità di persone ritenute meno di nulla.
Anna è la nostra eroina positiva, sana di mente, al contrario dei suoi carcerieri, che non si lascia spezzare da quello che accade, ma lotta con tutta la forza e l’amore che ha per il prossimo e per la vita, nel gridare a gran voce il suo equilibrio e desiderio di giustizia.
Ho visto con i miei occhi i visi dei protagonisti, Lake House, ho percepito il dolore delle ricoverate, l’angoscia, la rassegnazione, la tristezza, l’urlo muto di sofferenza levatosi dai loro cuori.
Ho percepito il sadismo, la cattiveria, la superficialità, la meschinità di altri personaggi. Come ho visto la luce di speranza fatta nascere da figure positive quali il Dottor St Clair, che pensa di poter leggere con la fotografia il volto dei ricoverati, così da poter stabilire se veramente psichiatrici o meno, l’assistente Martha Lovely, che cercherà di aiutare Anna a sopravvivere.
Ne consiglio vivamente la lettura, una scrittura diretta, fluida, con un ritmo delicato e costante,che porta il lettore a non desiderare abbandonare il mondo che la Wallace dipinge.
Il male fa parte della vita, attraverso la sofferenza spesso si diventa persone più consapevoli delle proprie capacità, migliori di quello che si era prima…. Questo è un altro messaggio forte e fondamentale della storia di Anna.
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Ciao Francesca