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Tra quattro gelide mura
Siamo nel 1859.
Anna, è una donna sensibile e vuole rendersi utile.
Lascia un biglietto con poche righe al marito e corre sulle coste del Galles per soccorrere i naufraghi di una terribile tempesta.
Non chiede il suo permesso.
Resta lontana da casa per alcuni giorni e poi, stremata da ciò che ha visto e da ciò che ha provato, fa ritorno a Londra, nella sua realtà.
Ad accoglierla c'è un marito gelido, austero ed implacabile che non le ha perdonato questo colpo di testa.
Anna, però, non comprende. Cosa ha fatto di male? Da quando la solidarietà è un gesto da condannare?
In casa, osserva il marito compiere strani movimenti, atteggiamenti nuovi ed insoliti che la inquietano e poi, in men che non si dica, si ritrova rinchiusa a Lake House, un manicomio alle porte della città.
Qui, tra gelide e grigie pareti, tra le urla strazianti della follia, tra donne che hanno perso la ragione o la speranza, impossibilitata ad essere capita ed ascoltata, Anna si sente morire.
Scrive lettere.
Attende risposte.
Ma il silenzio ha un eco ancor più assordante della follia.
Anna si sente persa ma ha un carattere forte, forgiato dall'educazione ricevuta e si aggrappa alla vita o meglio, al ricordo della vita da libera.
Le settimane scorrono e lei, figura mesta e solitaria, vaga tra le stanze o nello sterile cortile, sotto lo sguardo vigile della sua carceriera, Martha Lovely.
Nulla le dona conforto. Quanto ancora potrà resistere?
Solo la vista dalla finestra della sua stanza la consola perché da lì può osservare quel ponticello in lontananza.
È bianco, etereo, quasi surreale. Quella è l'unica via di fuga.
Ma per fuggire ha bisogno dell'appoggio di qualcuno.
All'interno di quella gabbia sono solo due le figure a cui potrebbe rivolgersi. La prima è quella di Catherine, giovane adolescente e inquieta figlia del direttore del manicomio, l'altra è quella di Lucas St Clair, un fotografo/medico che studia le malattie mentali osservando gli sguardi delle pazienti attraverso le foto che scatta. Ma nessuno dei due sembra credere alla sua buona fede.
O forse si sbaglia? E cosa si nasconde, realmente, dietro quell'internamento?
Mi sono avvicinata a questo romanzo con grande scetticismo. Il titolo non mi ispirava per niente come pure la copertina ma la trama e l'ambientazione ottocentesca, mi hanno convinta e dopo essere arrivata all'ultima pagina, sono contenta di essermi enormemente sbagliata. L'apparenza mi ha ingannata, eccome...almeno in questo caso.
Nell'Inghilterra vittoriana, i manicomi erano sia pubblici che privati ma precedentemente, all'incirca fino alla fine del Settecento, le malattie mentali venivano curate in casa o da medici generici e prelati. Con il sorgere di queste strutture organizzate, i casi violenti vennero finalmente isolati e i disturbi mentali studiati e suddivisi in tipologie. Diversi trattati, di grande utilità sociale, furono pubblicati. Purtroppo, però, come spesso accade con qualcosa di nuovo e ancora poco conosciuto, si abusò del loro uso e da cliniche divennero vere e proprie prigioni che sperimentavano pratiche crudeli su molte persone, specie donne, rinchiuse per patologie inesistenti come ad esempio l'interruzione di un ciclo mestruale, la sterilità o perché si opponevano alle convenzioni, a mariti despoti e famiglie accentratrici e, per questo, venivano bollate come isteriche. Questo romanzo, pur avendo una trama immaginaria, dà voce a quelle vittime inconsapevoli. Nel testo, suggestivo e introspettivo, si vive con la protagonista il dolore per la perdita della libertà e della dignità, il distacco dalle proprie certezze, il dubbio, l'isolamento e l'impossibilità di comunicare perché non compresi o non ascoltati. La protagonista rivela la sua storia pian piano, attraverso immagini e ricordi in flashback e il lettore ottiene, così, il resoconto accurato di un'esistenza che è stata la stessa di molte sfortunate giovani donne. La scrittura è morbida, suadente e talmente limpida da far percepire i contesti attraverso odori, rumori e visioni.
Un romanzo da leggere per pura curiosità o per riflettere. A voi la scelta.
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Raffaella
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