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Lasciami andare, madre
 
Lasciami andare, madre 2008-12-09 11:26:20 Maristella
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Maristella Opinione inserita da Maristella    09 Dicembre, 2008
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L'amore viscerale

Con questo libro autobiografico, drammatico e coinvolgente, Helga Schneider ci permette di analizzare a fondo l’intimità di un singolare e complesso rapporto tra madre e figlia. Una madre che ha abbandonato i figli, ancora piccolissimi, per dedicarsi totalmente all’ideologia nazista e praticarla nei campi di sterminio di Sachsenhausen, Ravensbrueck ed infine Auschwitz-Birkenau.

Una figlia la cui vita fu segnata indelebilmente da questo avvenimento oltre che da un’infanzia vissuta senza la protezione di una madre, alla mercè di una matrigna distaccata e insensibile e di una guerra atroce che le seminava intorno distruzione, miseria, violenza e morte. Di tutto ciò l’autrice ci ha già raccontato in quello splendido libro che è “Il rogo di Berlino”.

Ora con grande coraggio ci riporta il secondo, definitivo e ultimo incontro con la madre, ormai ultranovantenne, avvenuto a Vienna nel 1998.

Anche il suo primo incontro con la madre fu sconvolgente, privo d’amore e pieno di domande senza risposte, fregiato solo dalla vergogna dell’offerta di una manciata d’oro rubato agli ebrei mandati a morte nelle camere a gas e dalla paradossale richiesta di indossare una divisa delle SS perfettamente conservata.

Helga, dopo quel primo incontro cerca di annullare il legame che, nonostante tutto, la unisce alla madre e lo fa perfino rinunciando alla madrelingua (i suoi libri, infatti, sono tutti scritti in italiano) ma non riesce a provare l’odio necessario per cancellarla definitivamente dalla sua vita.

Per una serie di circostanze si ritroveranno faccia a faccia una seconda volta. Helga si impegnerà in ogni modo e con ogni mezzo (domande incalzanti, tranelli psicologici, inganni, false promesse) a piegare la volontà della vecchia donna che, se da una parte è arrogante, falsa e ipocrita ed ancora spietatamente ancorata alla sua folle ideologia, dall’altra è resa, dall’età, fragile, capricciosa e viziata. In lei si alternano momenti di implacabile lucidità e attimi di provvidenziale oblio, non sempre veritieri.

Il dialogo tra le due protagoniste, con i forti turbamenti appena attutiti dalla muta presenza moderatrice di una nipote-cugina che assiste all’incontro, ci trasferisce impetuose emozioni accompagnate da testimonianze di enorme impatto storico, così come accade in tutti i libri di questa Autrice.

Ella vuole conoscere ad ogni costo ciò che la madre ha fatto, visto e vissuto e soprattutto ciò che ha intimamente provato nel portare a compimento il male commesso e perché vi è stata trascinata dentro nel modo più assoluto.

“Non mi lasciare madre!” gridava una Helga bambina quando fu abbandonata. Sarà la madre ora che presagendo la fine la implorerà di non lasciarla alla fredda solitudine del non-amore. Ma il sentimento dell’odio non riuscirà a farsi strada nel cuore di Helga e a cancellare la madre dalla sua esistenza. Malgrado tutto è sua madre ed ella sa che quando scomparirà dalla vita si porterà dietro una parte di lei, anche se non sa quale.

“Lasciami andare madre” è l’ultima supplica di Helga “ abbandona la mia mente e il mio cuore, confermami che non mi hai mai amato e che mi hai generato e poi gettato in un mondo carico di orrore e solitudine”.

L’amore viscerale, quello esistente in ogni madre e in ogni figlio, subirà ancora l’ulteriore straziante strappo di un addio ormai definitivo.
Da questo libro è stato ricavato un “musikdrama” ad opera di Lina Wertmuller ed Helga Schneider, con scene di Enrico Job, rappresentato, con considerevole successo di pubblico e alti consensi di critica al Piccolo Eliseo di Roma. Sul palco due superbi attori: Roberto Herlitzka nella parte della madre e Milena Vukotic nei panni di Helga.

“Uno spettacolo ferocissimo” dichiara la Wertmuller “forse il più duro che io abbia mai fatto!”.

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Il rogo di Berlino
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