Dettagli Recensione
Vacillante costrutto storico
E' stato dato alle stampe da pochissime settimane il terzo romanzo dello spagnolo Falcones, dopo le precedenti prove de “La cattedrale del mare” e “La mano di Fatima”.
Falcones continua a percorrere la strada del romanzo storico o meglio a sfondo storico, proponendo una ricostruzione delle vicissitudini del popolo Gitano insediatosi in Andalusia nel XVIII secolo.
La scelta del tema intorno al quale porre le fondamenta per una narrazione romanzata è valida, poiché la storia antropologica e culturale dell'etnia gitana è poco conosciuta o almeno lo è in maniera talvolta superficiale.
Falcones partorisce un'idea buona, aprendo il sipario sulla città di Siviglia, ospitante uno degli insediamenti gitani più popolosi del regno spagnolo verso la metà del Settecento.
Come spesso accade gli ingredienti di per sé sono solamente una base di partenza, ma senza la mano di un cuoco esperto, il composto rischia di perdere consistenza.
La penna di Falcones usa e abusa il dialogo, a scapito di descrizioni e parti narrate, perdendosi in vortici lunghissimi e ripetitivi; questa caratteristica produce un effetto deleterio sulla costruzione di uno spaccato storico.
La vera assente di questo romanzo è proprio lei, la ricostruzione storica; dopo averci stuzzicato l'appetito con le prime pagine, catapultandoci in un tempo lontano, a calpestare il suolo spagnolo, tra contrabbandieri di tabacco, lotte tra payos ( sedentari) e gitani, vicoli bui e affollati, donne avvolte in lunghe gonne colorate, uomini pronti a sfidarsi con le lame di affilati coltelli per difendere l'onore, ecco che tutto si intiepidisce, sfumando in un dialogare continuo tra i protagonisti.
L'attenzione peculiare sulle donne, sulla loro condizione all'epoca, siano esse gitane o meno, è encomiabile e si percepisce quanto l'autore abbia voluto dare priorità all'argomento, riportando usanze familiari e sociali, non risparmiandoci scene abiette e crude, vessazioni e violenze; nell'excursus dell'intero romanzo, il tema femminile è sicuramente il più presente ed il più sentito, sul quale la penna dell'autore si esprime passionale ed incisiva.
Rimane un vero peccato che all'interno delle settecento pagine che compongono il grande corpo di questo romanzo, non abbia trovato spazio qualche dissertazione sulle persecuzioni contro il popolo gitano durante il regno di Ferdinando VI di Spagna, qualche nozione specifica sulle tradizioni ataviche di un'etnia dalle origini lontane, qualche approfondimento sull'utilizzo della musica e dei balli di origine gitana all'interno dei salotti e delle corti dell'epoca.
“La regina scalza” è un lavoro dalla mole abbondante, tuttavia non sempre la ricchezza delle pagine corrisponde a quella del contenuto; qualche sforbiciata avrebbe sicuramente contribuito ad una lettura più agile per il pubblico, concentrando il filo conduttore della storia e dando risalto ad alcune belle immagini delle città spagnole e dei loro quartieri, brulicanti di antichi mestieri, di vita, di miseria, di suoni e di colori.
Il romanzo storico è un genere complicato, dove tante sono le componenti e le variabili per una buona riuscita; l'ultimo lavoro di Ildefonso Falcones è apprezzabile ma ancora vacillante il costrutto storico e poco adatto lo stile di scrittura al genere trattato.
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Commenti
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Valentina
Mi sono accostata a questa lettura senza nessun pregiudizio o aspettativa visto che non conoscevo Falcones.
Sì, amo il romanzo storico, ma ho cercato di esprimere un giudizio oggettivo sia da lettrice di storici sia da lettrice onnivora.
Pia
Ci sono libri che non ho trovato paragonabili ad altri, ma prima di esprimere giudizi arrivo alla fine! E ogni libro è soggettivo!
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