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Credere, sotto un cielo vuoto
Libriccino di portata devastante: l’ho tenuto per mesi sul comodino per poter affrontare gradualmente la durezza (e la sofferenza) intrisa in queste poche pagine.
Varsavia, 28 aprile 1943: mentre i nazisti stanno per abbattere le ultime resistenze nel Ghetto, Yossl, ultimo sopravvissuto ad una moglie e sei bambini, attende la morte e richiama l’attenzione di Dio. Perché l’Unico, in quei giorni di tenebra, sembra davvero essersi allontanato, sembra davvero averlo abbandonato, e Yossl lo richiama all’ordine.
Ma quando Yossl alza lo sguardo, tra la polvere e le macerie, non è più solo Yossl, siamo noi, messi di fronte alle Domande che abbiamo paura di porci. Prima o poi capita, quando si cresce: quando scompare il Dio dell’infanzia e della consolazione, arriva il momento dei dubbi e dell’angoscia, dell’essere in bilico sullo strapiombo. E tutto diventa ancora più difficile, se per qualche motivo durante la vita cala quel terribile silenzio, quando si ha la sensazione (come per Yossl) che Dio si ritiri dal mondo e nasconda il volto.
E si può, come tenta Yossl, sotto un cielo vuoto, cercare ancora un mondo sensato e buono?
Non c’è commiserazione in Yossl, non c’è rimpianto, non c’è delusione…ma piuttosto orgoglio, fierezza, fede per un Dio a cui si parla a tu per tu, un Dio che deve spiegazioni e forse (anche se sembra un’ignomia) rendere conto (Lui) di ciò che un tempo ha promesso.
E’ un discorso pacato ma rabbioso, che potrebbe essere il discorso di tutti. Perché per Yossl la paura dell’Abbandono e del Nulla è un percorso obbligato, da cui non si può sfuggire.
Sulla strada che porta al Dio unico, c’è una stazione senza Dio. Una stazione in cui il viaggio rallenta e il viaggiatore deve decidere.
Queste pagine sono divenute negli anni un curioso caso letterario: Kolitz, personaggio straordinario (profugo lui stesso, e poi giornalista, impresario teatrale di Broadway, agente segreto per il neonato stato di Israele), le scrisse in Argentina, nel 1946, non ancora trentenne, fingendo di averle ritrovate sotto un cumulo di pietre e di ossa spezzate, alla fine della guerra. Ma le pagine incominciarono a girare per il mondo, furono tradotte, lette, commentate, ripubblicate, finché si cominciò a credere che fossero davvero il testamento di un Yossl Rakover realmente esistito. Tanto che per decenni Kolitz ha dovuto insistere per esserne riconosciuto l’autore.
Infine la Storia ha preso il sopravvento. Buenos Aires, 17 luglio 1994: il Centro Culturale ebraico ove era custodito l’originale del suo tanto discusso testo è stato sventrato da un attentato terroristico. L’originale non è stato più ritrovato, sepolto (come profeticamente immaginato da Kolitz) sotto una reale montagna di macerie, ossa e cadaveri.
Il cerchio si è amaramente chiuso. Rimangono le altrettanto amare Domande di Yossl.
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Bravissima!
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