Dettagli Recensione
L'amaro in bocca
Il romanzo è stato ispirato dall’Haggadah di Sarajevo, un manoscritto illustrato, creato 600 anni fa a Barcellona, il cui valore è stimato intorno ai 700 milioni di dollari. In realtà è un bene inestimabile. L’Haggadah è un libro ebraico di cerimonie, una collezione di storie bibliche, di preghiere e di salmi che riguardano la Pesach, la festa che celebra la liberazione degli ebrei dall’Egitto. Al mondo esistono tantissime haggadah, più o meno preziose e conosciute, ma l’Haggadah di Sarajevo è considerata un gioiello della Corona. Si distingue per la bellezza delle sue immagini, per i colori arricchiti con oro e rame, per il fantastico mondo degli animali presentati, per gli ornamenti floreali e geometrici, inoltre, ha la particolarità di presentare immagini di persone, nonostante la religione ebraica lo vieti.
La straordinaria bellezza del manoscritto è resa ancora più intrigante dalla sua storia, talmente insolita e avventurosa da sembrare esclusivo prodotto dell’immaginazione di Geraldine Brooks, invece è storicamente provata la sua creazione nella Spagna del 1300 e la sua permanenza lì fino al 1492, epoca dell’espulsione degli ebrei dalla penisola iberica; ricompare poi nella Venezia del 1600 e in seguito a Sarajevo a fine ‘800, rimanendovi e sopravvivendo alle guerre mondiali e alla guerra dei Balcani. L’autrice narra nel suo romanzo le varie traversie vissute dall’haggadah e, inventando i diversi personaggi che s’ipotizza potrebbero essere venuti a contatto con il libro sacro, nel contempo svela la salvezza, la debolezza e la forza umane.
La Brooks nel suo libro dosa a dovere due tecniche narrative sicuramente non nuove: racconta la storia di un oggetto e con l’occasione anche le storie delle persone che con essa vengono in contatto; inoltre, crea una sorta di caccia al tesoro attraverso l’analisi di alcuni indizi rinvenuti all’interno del libro (una macchia di vino, un pelo di gatto) con un premio finale che dovrebbe consistere nel possedere la vera storia del libro.
Purtroppo, in entrambi i casi, si rimane con un po’ di amaro in bocca: a) perché le storie dei personaggi narrati si rivelano a volte molto interessanti e incuriosiscono ma, limitandosi alla narrazione del solo evento legato all’haggadah, non viene data soddisfazione a queste curiosità; b) perché alla fine si è consapevoli che non si può conoscere la vera storia del libro, essendo in possesso solo di una narrazione frutto di ipotesi, costruita sì su dati reali, ma che danno alla fine un risultato narrativo che non può definirsi storico al 100%.
Bisogna riconoscere comunque la bravura dell’autrice, nel gestire un racconto ispirato da un oggetto realmente esistente e che ha veramente viaggiato fisicamente e temporalmente nel nostro mondo, nonché la sua astuzia nel calibrare e dosare indizi e rivelazioni, conducendo il lettore tra continui salti temporali tra passato e presente.
Il testo è frutto di un duro e lungo lavoro di ricerca, per cui le parti scientifiche e storiche sono decisamente ben scritte. Purtroppo non in tutti i capitoli del libro la suspense è tale da spingere a voltare pagina per non smettere la lettura: ad alcune parti coinvolgenti e ad un paio di colpi di scena, si contrappongono dei passi meno coinvolgenti e delle scene di passione erotica che sembrano inserite ad hoc per fini commerciali. Nel complesso si tratta comunque di un buon libro, facilmente leggibile e che sicuramente si porta fino alla fine.