Dettagli Recensione
La rabbia.
Lessi questo libro prima della vittoria da parte di Kertesz del Premio Nobel.
Feci bene.
Non ho gradito molto la sua trasposizione cinematografica: poco fedele al testo, incentrata più che altro sulla giovane età del protagonista, a tratti melodrammatica.
Il testo è altra cosa.
Lo stile di Kertesz si insinua nel lager come un rasoio affilatissimo e ne coglie le sfumature più profonde come da una lente bifocale.
Un esempio: "Ad un certo momento il soldato tedesco vide il rabbino passare e gli sparò. Quello morì...è evidente, se ti metti davanti ad un proiettile muori, è chiaro".
Tutto il fuoco della metascrittura è vagliato attraverso una spersonalizzazione quasi cruda e materica...come un'opera di Bacon.
"Attraverso il filo spinato c'è la corrente elettrica...ovvio, altrimenti tutti quanti prendono una cesoia e ci passano"...L'ovvietà della freddezza e della disumanizzazione.
Il ritorno a Buda del protagonista accende la rabbia nelle vene di un interrogativo antico, ormai: quella gente che continuava a vivere respirava, amava, cagava e dormiva mentre ad Auschwitz ad ogni secondo si rischiava di morire.
Non una protesta, nulla.
Per chi protestare?
Per cosa?
A tutti andava bene così.
E' un libro speciale.
Quello che si determina come capolavoro.