Dettagli Recensione
Klepsidra...mi ricorderò di te.
Ogni inferno ha un gergo.
E' filologicamente provato.
In Polonia, ma anche in Croazia, nel linguaggio dei lager esistevano parole secche e fredde come un colpo di staffile.
Klepsidra significava un taglio.
In questa stagione, mentre qui in Italia fa abbastanza freddo, in Polonia, ma anche in Croazia, fa molto molto freddo.
Il kapò del campo non poteva ricordare tutti coloro cui avrebbe voluto farla pagare, così si aiutava col freddo e con il nerbo di bue.
Una nerbata sulla guancia, con una temperatura di almeno 15 gradi sotto lo zero, diventa un taglio, un memento.
Klepsidra, lo si chiamava...ed era questione di giorni.
Dieter Schlesak, che io ho letto in tedesco, è stato grande in questo romanzo a battezzare una metascrittura angolare da lager.
Le voci giungono così tutte insieme, disordinatamente, in una sorta di ridda agorafobica.
Certo, chi non sa questo e si avvicina al romanzo sperando nella storia con trama...ha sbagliato proprio.
Ho dato un voto basso alla piacevolezza perché il contenuto non può essere piacevole, anzi, risulta forte e drammatico.
Ma è un klepsidra...Dieter Schlesak si è ricordato di punire con la memoria qualcosa che molti cercano di dimenticare.
La notte, la notte di tutto.