Dettagli Recensione
La Storia nella storia
L’ultimo romanzo di Fabiano Massimi è, semmai ce ne fosse ancora bisogno, una conferma ulteriore, l’ennesima direi, dello straordinario talento dello scrittore modenese nello scrivere una storia nella Storia. Massimi non è uno storico, solo un bibliotecario, un bibliofilo, uno studioso esperto, appassionato e curioso, per cui la Storia, almeno di un preciso lasso di tempo, la conosce benissimo, finanche nei suoi particolari meno noti al grande pubblico. E lo scrittore soprattutto di questo si fa forza, e insiste soprattutto, lavorandoci con talento e abilità, offrendoci una versione abilmente romanzata di fatti storici realmente avvenuti. Solo di alcuni, minimi però essenziali, che si incastrano mirabilmente nell’affresco più grande dei fatti noti, spulciando e insistendo perciò nei risvolti storici insoliti e sorprendenti, veri, non veritieri, fatti non ipotizzati, sussurrati, suggeriti, ma effettivamente accaduti. Scrive di particolari, insistendo più sui personaggi che sugli eventi di cui sono stati protagonisti loro malgrado. Trattasi di uomini, e donne, queste ultime in particolare, orbitanti a vario titolo nel vissuto dei Grandi Protagonisti dell’ultimo conflitto mondiale, la cui esistenza veniva abilmente celata dagli stessi e dal loro entourage, per motivi d'immagine, di opportunità, di decenza. Sono persone poste al limite delle luci della ribalta in cui si crogiolavano i presunti Grandi, e però depositari di verità e di ruoli molto delicati, importanti, che se portati alla giusta luce all’epoca, svelati all’opinione pubblica illusa e osannante, altrettanto repentinamente in caso di grave disillusione avrebbero influito nel cambiare il consenso truffaldinamente estorto. Se gestiti diversamente, e con onestà e rettitudine, da coloro che ne erano conoscenza, che tacquero perché complici, avrebbero potuto letteralmente riscrivere il corso della Storia, così come la conosciamo, orientandola diversamente, forse con un prosieguo meno tragico e doloroso. Questo è quanto ha fatto Massimi nei suoi precedenti lavori, per esempio ne “L’angelo di Monaco”, e poi il suo sequel “I demoni di Berlino”, lo studioso e ricercatore, il bibliotecario modenese prestato e prestatosi alla letteratura, aveva dato validissima prova di sé, narrando a modo suo l’ascesa al potere di Hitler e del nazismo romanzando con arte aspetti meno noti della storiografia ufficiale, e però reali, documentati, storicamente innegabili. In particolare, insistendo sulla figura di Angelika “Geli” Raubal, la nipote di Adolf Hitler, a lui affidata in qualità di tutore trattandosi di una giovanissima orfana. Aveva 20 anni meno di zio Hitler, ma ciò non impedì all’ astro nascente della politica tedesca d'instaurare un torbido rapporto incestuoso con la giovinetta. La natura incestuosa, la differenza di età, i capricci e le richieste pressanti della giovane di maggiore autonomia e visibilità destarono scandalo e preoccupazione nei vertici del partito nazionalsocialista, per il deleterio ritorno d’immagine che avrebbe indebolito il carisma del futuro Führer. Fin quanto un giorno la sventurata Geli fu trovata morta nell’appartamento di Hitler, si era nel 1931. La ragazza giaceva in camera da letto: apparentemente si era tolta la vita, usando però la pistola dello zio/amante, probabilmente fu invece uccisa perché ormai scomoda, allestendo una rapida messa in scena per sviare le indagini. Se solo si fosse avanzato il sospetto che fosse stato Hitler a ucciderla o a farla uccidere, certamente lo scandalo avrebbe nuociuto alla popolarità di Hitler con conseguente smacco alle imminenti elezioni e chissà, magari il corso della Storia sarebbe stata diverso. Su questa falsariga si svolge anche “Le Furie di Venezia”, questa volta siamo nel 1934 non più in Germania, ma nella città lagunare, Hitler è ancora sulla scena anche stavolta, e insieme a lui Mussolini. Ma il Führer qui è solo una comparsa, l’attenzione è tutta per il Duce, e per il suo comportamento misterioso e clandestino, ai margini dell’incontro di Stato tra i due dittatori. Il particolare insolito, il risvolto misterioso, che, se reso noto, avrebbe rappresentato il granello di sabbia in un meccanismo di consenso e propaganda finemente organizzato, stavolta è duplice: dapprima l’ esistenza di una donna, Ida Dalser, che afferma con forza e convinzione di essere la presunta prima moglie segreta di Benito Mussolini. Con tanto di presunte prove e riferimenti precisi al comportamento sospetto, di chi sa di essere colpevole ed è preda di paura e rimorso, del Duce, che appare effettivamente più ambiguo, guardingo e preoccupato del solito. Ma come se non bastasse, la Dalser rivela espressamente che Mussolini, all’epoca non ancora il Duce, e nemmeno in Parlamento, ma umile giornalista d’assalto, è il padre di suo figlio, quindi l’effettivo primogenito del Duce, di nome Benito Albino Dalser Mussolini, la cui esistenza pure viene tenuta volutamente celata con vari artifizi. Stiamo leggendo un romanzo, certo: ma i due sono realmente esistiti.
“…Mussolini non sopravvivrebbe a uno scandalo del genere…Un primo ministro non può concedersi certe libertà, nemmeno se è il Duce mandato dal Cielo…Esistono regole anche per lui…”
Ambedue sostengono, con forza, e per varie vie, di essere esattamente quello che dicono di essere, e certamente tutto quanto fece Mussolini per nascondere, negare e celare alla maggioranza questa storia, depone per una forte veridicità. Fatto sta che, se reso nota, questa storia avrebbe danneggiato gravemente l’immagine pubblica del Duce agli occhi degli italiani, sarebbe apparso come un miserabile bigamo, essendo già sposato con donna Rachele e padre di famiglia, ma soprattutto sarebbe apparso come in effetti era, falso, bugiardo, egoista e millantatore.
“…qui la forma è tutto, e il matrimonio, i figli, i giuramenti solenni sono sacri. Sacri. Un politico in privato può fare quello che vuole, combinare gli stessi guai di chiunque altro, ma se viene beccato è la fine.”
Un effetto dirompente, alla Matteotti, per dirla tutta; ma dato il gran numero di potenziali testimoni, e tutte persone perbene, non compromesse con il fascismo, stavolta non si poteva ricorrere a un Amerigo Dumini o un sicario prezzolato, la cosa migliore era fare tacere madre e figlio sì, ma senza ucciderli, per non creare troppo clamore, e però rendendoli inoffensivi, seppure in modo atroce: rinchiudendoli in manicomio, il che depone a favore della bella indole del dittatore italiano. Ma è davvero così? Se per una volta, Mussolini fosse stato veramente innocente, solo per questa volta una vittima, che nulla ha a che fare con due truffatori, che sono veramente due poveri mentecatti fuori di testa, millantatori comunque sgraditi al potere, perché magari, senza neanche volerlo, potevano essere a loro volta manovrati dalla Resistenza ai fini di propaganda antifascista? Infatti:
“…Uno scandalo ben piazzato potrebbe fare al caso nostro quasi quanto un attentato riuscito…si accorse che in tanti avevano sperato la stessa cosa per il caso Raubal, tre anni prima.”
Ecco, Massimi con questo romanzo dimostra la sua raggiunta maturità di storico e di romanziere, lascia in qualche modo la questione irrisolta, offre una ricostruzione rigorosa, ben scritta, come suo solito, gradevole e scorrevole poi però come ogni buon scrittore mostra, e non dice, l’interpretazione la lascia al lettore, a suo gradimento. Fabiano Massimi lo sa bene, la Storia è maestra di vita, ma la storia nella Storia è una delizia dell’esistenza, appartiene al lettore, a lui va lasciata, perché la gestisca come meglio crede: è il bello della lettura. Lui si limita a suggerire: leggiamo, e raccontiamo storie. Perché una certa Storia, non accada mai più.
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La recensione è interessante ed accurata come al solito. Riguarda un autore noto che non ho mai letto, su cui però nutro curiosità.
Dici che questo libro è una conferma, ma ho l'impressione che non sia il suo libro più adatto per cominciare.