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MAMMA AGNESE
Un libro meraviglioso, un documento sospeso tra pagine di incredibile bellezza letteraria miste ad altre di umano sconforto, sofferenza e agghiacciante paura. Ovunque la sospensione del pacifico consorzio umano fatto di quotidianità, certo anche quella talvolta risentita e conflittuale come tra l’umana gente, duro lavoro nei campi e un avvenire di miseria e stenti. É la guerra, quella tra alleati e nazisti, è la guerra, quella tra partigiani e fascisti. Anche la più pacifica e innocua esistenza può celare uno spirito combattivo, ideologicamente schierato, insospettabile, perché così devi essere se vuoi salvarti la pelle e concorrere alla salvezza della tua terra, riacquistare la libertà perduta, scacciare lo straniero e liberarti per sempre dei fascisti. Devi scegliere da che parte stare. Questo ha fatto Palita, il marito di Agnese e lei non se ne è mai accorta; lo hanno preso i tedeschi perché Agnese ha portato un soldato a casa, un disertore, e lo ha rifocillato e nascosto. Una sporca delazione, i tedeschi in casa, il rastrellamento, Palita è prigioniero, seguono l’attesa del suo ritorno e la certezza della sua morte. La vita di Agnese subisce una svolta con la vedovanza, con l’ennesimo sopruso fascista, con la ribellione: uccide volontariamente un tedesco, diventa partigiana. Insospettabile, quasi vecchia, in realtà è una cinquantenne obesa e disfatta , si dà da fare per i compagni, diventa una compagna, lei senza colore, e agisce perennemente: è la protagonista indiscussa e mesta di buona parte della narrazione, quella nella quale i partigiani non sbagliano un colpo, maestri nella loro terra, le valli della Bassa, tra argini e rivi, a confondersi, mimetizzarsi, tendere agguati. Sempre vincenti. Progressivamente però il loro operare vacilla, la stanchezza della resistenza ha la meglio, subiscono duri colpi, protagonista è ora l’inverno, duro, rabbioso, vento, neve, gelo; tutto è perduto ma lei va con la bicicletta per una nuova missione, va, come anticipato dal titolo, per non tornare.
Renata Viganò rimpiange da partigiana la partigiana Agnese che ha conosciuto di persona e le cui ceneri sono disperse come quelle di tanti, di molti, di troppi, vittime della guerra; lo fa nella speranza che il ricordo della lotta partigiana rimanga vivo nella memoria di tutti noi, senza retorica.
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