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Maddalena e Francesca
«La gente la chiama con un nome brutale [...] Lei l'ha indossato come un'armatura e adesso ne va fiera. È una ragazza forte. Non le interessa quello che dicono gli altri. E di questi tempi è l'unica cosa che conta.»
È un esordio fortunato quello di Beatrice Salvioli, diplomata alla scuola Holden e la cui opera prima, “La malnata”, vede la pubblicazione in contemporanea in Europa. Una storia forse non originalissima, con diversi déjà-vu ma anche con una buona ambientazione, una ricostruzione storico-sociale abbastanza fedele e un legame d’amicizia che sa trattenere.
Come ne “L’amica geniale” di Elena Ferrante anche questa volta le protagoniste sono due bambine preadolescenti tra loro estremamente diverse. Provengono da contesti sociali differenti, le classiche figure che raramente viene facile pensare che possano incontrarsi nella vita. Tuttavia, la curiosità è una delle caratteristiche principali dell’uomo e la diligente e tranquilla Francesca Strada non resiste alla fama della Malnata, sua coetanea nota per essere considerata dal popolo al pari di una piccola “strega”. Vuoi perché le sue profezie portano disastri, vuoi perché porta male, vuoi per quel bambino, suo fratello, caduto o spinto giù dalla finestra, ella ha una fama che non lascia possibilità d’appello ai più.
Monza, 1936. Il Duce è presente nella testa della classe media, il fascismo è una realtà conclamata. È festa per quella dichiarazione di guerra all’Etiopia, una delle tante decisioni fatte passare come successi e scelte strategiche ma di poi dimostratesi, come la Storia insegna, un disastro.
La famiglia di Maddalena Merlini è in una condizione di miseria, una condizione di miseria che si aggrava con la partenza del fratello Ernesto per l’Africa. Già quando lavorava alla fabbrica Singer la situazione non era idilliaca, figurarsi ora che è costretto a lasciare la madre e le sorelle senza mezzi ma che è anche costretto a rinunciare al matrimonio con Luigia che resterà in patria ad aspettarlo.
Anche il clima in casa è diverso nelle famiglie delle due protagoniste. In casa Merlini, nonostante tutto, vige l’allegria e la stessa Francesca, abituata a un affetto ben diverso, viene accolta con calore. In casa Strada il padre è sempre al lavoro nel cappellificio di famiglia, la madre è vistosa, conformista e dedita alle apparenze, legata ad una figura potente del posto, il fascista Colombo, padre di due ragazzi a cui è riservato un ruolo non di poco rilievo nella vicenda. Non stupisce, dunque, che Francesca sia sorpresa e affascinata dall’affetto che invece vige in casa della Malnata.
Tra i personaggi “satellite” che ruotano attorno alle due figure principali ecco Matteo e Filippo, gelosi del rapporto tra Maddalena e Francesca tanto da faticare ad accettare quest’ultima, ed anche Noé, figlio del fruttivendolo di Tresoldi e portatore di autenticità e di un amore silenzioso, ed ancora Carla, la domestica che aiuterà Francesca nelle sue imprese di fuga per raggiungere l’amica.
A ciò si aggiunge il contesto storico, l’indottrinamento fascista totalizzante, il maschilismo che regna incontrastato, gli uomini crescono violenti e le donne sono strumenti per il piacere che devono stare al loro posto. Può Maddalena vivere e resistere in un contesto del genere? Può non emergere nel suo essere sovversiva?
«Di lei parlavano segnandosi le labbra con una croce o facendo un gesto stizzoso con la mano come a scacciare una vespa, quasi ne avessero paura. Di una ragazzina che avrebbe dovuto rifare il primo ginnasio, gli adulti parlavamo come di una brutta malattia, un pezzo di ferro arrugginito, di quelli che ti tagli, ti viene la febbre alta e muori.»
È una ragazza come tante, che non cerca altro che affetto e giustizia, che sfida tutti e si comporta come una selvaggia; Francesca è la sua unica e prima amica ed è il suo esatto opposto. Ciascuna impara dall’altra, tra sfide che le vedono solidali tra soprusi e falsità. La prima a subirne è proprio la Malnata a causa della sua fama e del pregiudizio che le ruota attorno.
Ferite, violenza, morti precoci. Denominatori che in questa storia non mancano e che si sommano a tanti altri elementi che si incastonano tra loro. Ad osservare gli avvenimenti vi è il fiume Lambro che osserva i giochi dei ragazzi, che osserva la violenza gratuita che viene perpetrata.
Scena profetica è quella relativa alla corsa automobilistica del Gran Premio che si svolge nell’autodromo di Monza, che vede gareggiare Tazio Nuvolari alla guida dell’Alfa Romeo in Ferrari contro un tedesco alto e biondo, una scena che rimanda a quell’Italia fascista che soccomberà ai nazisti.
A narrare le vicende è Francesca, colei che conosce a memoria il decalogo de “Piccole italiane”, la classica prima della classe, la classica giovane vestita come una signorina perbene, ma che non si sottrae a un’amicizia vera. Per lei mente, rinuncia, fugge, tradisce, pensa, vive secondo principi diversi da quelli sino ad allora appresi.
Una storia d’amicizia e di grande affetto tra due ragazze che vivono in uno dei periodi storici più complessi e bui del nostro tempo. Tra ingiustizie e coraggio.
La Malnata di Beatrice Salvioni è un romanzo di formazione, una storia che nasce e si sviluppa sapendo sfruttare una buona idea. Non originalissima, infarcita anche di quei giusti tratti idilliaci difficilmente esistenti in un contesto quale quello delineato, ma ben coniugata ai fini. Non viene meno, a tratti, il pensiero che riporta ad altre opere della letteratura contemporanea quali L’Arminuta, Oliva Denaro, L’amica geniale, Il treno dei bambini etc e che ne tratteggia una colleganza inevitabile. Con le sue pecche e i suoi punti di forza, con qualche sbavatura dal punto di vista del ritmo, lo stile è ancora un poco acerbo e molto in linea con il format holdiano. Un ottimo prodotto.
«[…].Forse significava questo, essere grande e donna: non era il sangue che veniva una volta al mese, non erano i commenti degli uomini o i bei vestiti. Era incontrare gli occhi di un uomo che ti diceva “Sei mia” e rispondergli: “Io non sono di nessuno”»
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