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Isolina
 
Isolina 2022-11-20 07:32:07 Calderoni
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Calderoni Opinione inserita da Calderoni    20 Novembre, 2022
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La voce di Isolina, la ragazza tagliata a pezzi

Nessuno si ricorda di Isolina Canuti. Prova a rievocarla negli anni Ottanta del Novecento Dacia Maraini attraverso la sua meticolosa ricostruzione storica dei fatti che hanno riguardato l’uccisione della ragazza, tagliata a pezzi e lasciata scivolare nelle acque del fiume Adige. Ne esce un cold case che oggi potrebbe essere tradotto benissimo in un podcast. Siamo nel gennaio del 1900, siamo nel cuore pulsante di Verona. La sfortunata protagonista è Isolina, ragazza di 19 anni, figlia di Felice, impiegato da 25 anni nell’amministrazione di una grossa azienda, la Tressa; la giovane è incinta di alcuni mesi (sulla data della gravidanza ci saranno perizie contraddittorie e discussioni a non finire). Chi è stato a ucciderla e a deturpare il suo corpo? Tutti gli indizi portano a Carlo Trivulzio, un tenente degli Alpini che aveva preso in affitto una stanza in casa Canuti e aveva avuto una relazione con la stessa ragazza. Il movente è semplice: Isolina era rimasta incinta, Trivulzio non voleva assolutamente macchiare la sua carriera militare con quest’episodio che lo legava a una persona dei bassifondi della società veronese e quindi si adopera in ogni modo affinché Isolina abortisse; la ragazza, però, è di opinione opposta perché intravede nella prole un’opportunità per unirsi indissolubilmente al tenente e proprio per questo si oppone. Trivulzio suggerisce a Isolina di lasciare Verona in direzione di Milano, ma nemmeno questa richiesta viene accolta. A quel punto decide di intervenire con le cattive e in una fredda sera di gennaio presso l’osteria del Chiodo un tentativo cruento di aborto (attraverso una forchetta nell’organo genitale femminile) sfocia nell’uccisione di Isolina, che successivamente viene tagliuzzata e gettata nell’Adige. Tutto limpido, tutto straordinariamente logico. Tuttavia, non si arriverà alla condanna di Trivulzio, anzi l’unico costretto a pagare sarà il giornalista socialista Mario Filippo Todeschini per diffamazione condotta per mezzo della stampa. Era stato infatti Todeschini sulle colonne del “Verona del Popolo” a scagliarsi in maniera decisa contro Trivulzio, trasformando il delitto di Isolina in un pretesto per un’accusa di più ampie vedute contro l’eccessivo militarismo che stava prendendo il sopravvento nel neonato Regno di Italia. «Il processo Todeschini si conclude con una sentenza che sembra finta tanto è teatralmente di parte. Isolina Canuti, si legge fra le righe, se l’è voluto. La sua leggerezza l’ha perduta, peggio per lei. Nella sentenza comunque si fa capire che Trivulzio sì, è stato leggero, forse un poco incosciente, ma cosa conta la vita di una ragazzina di famiglia oscura, povera e di scarsa moralità di fronte all’onore dell’esercito? Ed è quello che alla fine trionfa, contro tutte le evidenze con la forza di una ideologia che doveva esprimere l’ideale del paese» scrive in ultima istanza la Maraini. Del resto, il 1900 è passato alla storia come l’anno dell’assassinio di re Umberto I di Savoia e pochi anni dopo, allo scoppio in Europa della Prima guerra mondiale, l’Italia si dividerà tra interventisti e neutralisti, segno che una buona fetta della popolazione considerava il militarismo il fondamento di un buon governo.
L’analisi storiografica e anche psicologica della Maraini si divide in quattro sezioni: nella prima si illustrano i fatti accaduti nel 1900; nella seconda si verifica un balzo temporale in avanti, poiché si passa agli anni Ottanta e alla visita veronese della stessa scrittrice sulle tracce di Isolina; nella terza si ricostruiscono tutte le tappe del tanto conclamato processo Todeschini; nell’ultima, infine, spazio alla sentenza del processo. La ricostruzione dei fatti avviene grazie ai giornali dell’epoca, i quali hanno la capacità di fotografare giorno dopo giorno l’evoluzione della vicenda. Le supposizioni si sommano, le testate giornalistiche si polarizzano e i colpi di scena non mancano. Il primo e probabilmente unico indiziato è Trivulzio, tutto lascia pensare che sia stato lui ad architettare e a eliminare Isolina. Per tale ragione viene arrestato e in seguito all’imprigionamento costruisce la propria difesa affermando che «mi duole sapere che il mio caso è servito da pretesto per polemiche confondendo la persona con l’Istituzione a cui appartengo e sento sempre il diritto e la fierezza di appartenerle». Il caso Isolina, come dimostrano gli incontri che la Maraini avrà negli anni Ottanta con alcune persone della famiglia dell’Alpino, lo segnerà. La verità non detta, l’avere pagato eccessivamente e da solo per un crimine di gruppo, la complicità che si è trasformata in omertà a vita, l’avere portato sulle spalle fino alla morte il peso di una sentenza ambigua e chiaramente fasulla faranno di Trivulzio un uomo diverso. Questa metamorfosi del tenente è stata dettata dal fatto che il suo senso d’onore, la sua proverbiale freddezza, il suo coraggio, il suo attaccamento all’esercizio l’abbiano costretto al silenzio eterno. Nell’interrogatorio durante il processo Todeschini il tenente ammette tutto, salvo le sue responsabilità dirette; conferma i fatti, dalla relazione amorosa con Isolina alle polverine che voleva farle usare per abortire. Esclude solo le responsabilità dirette, perché come rimarca l’autrice «se avesse raccontato come erano andate le cose, avrebbe scagionato sé dalle accuse più gravi ma avrebbe compromesso altri, rendendo impossibile tenere gli Alpini fuori dalla “sporca faccenda”». Una cosa, infatti, bisogna aggiungerla: se l’ideatore dell’uccisione di Isolina è stato Trivulzio, per l’esecuzione e l’occultamento del cadavere è stato aiutato da molti altri soggetti, nei quali il lettore si imbatte nel corso della vicenda.
Il ritratto di Isolina che emerge è quello di una ragazza dal carattere espansivo, gioioso e irrequieto. Era una giovane che non dava molta importanza ai soldi; quando li aveva li spendeva. Era molto legata alla sorellina Clelia e amava il padre, ma lo trattava un po’ come i suoi amanti, con divertita stizzosa passionalità. Dagli interrogatori del processo Todeschini si comprende come i Canuti non si amino; anche Clelia e Felice appaiono deboli, nello stesso modo di Isolina. Quando parlano per cercare di fare luce sulla morte della figlia e sorella maggiore, Felice e Clelia «si offrono già vittime prima di essere stati colpiti, senza nessun compiacimento, nessuna lamentela, così privi di vanità e di astuzia da apparire poetici e commoventi». Per questo di Isolina nessuno si ricorda, nemmeno nei giorni del processo Todeschini, e per questo la Maraini ha voluto darle una voce a distanza di quasi un secolo.

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Bella ed esaustiva presentazione, Andrea.
Un libro particolare. Dacia Maraini come 'narratrice d'invenzione' non mi piace granché, ma in queste ricostruzioni è piuttosto brava. In particolare, l'ho trovata bravissima in "Cercando Emma", saggistica letteraria, in cui ricostruisce il rapporto tra Flaubert e il suo personaggio femminile Madame Bovary. Mi ha fatto comprendere bene la mia carenza di empatia per la Bovary : un personaggio non amato dall'autore come fa a essere 'simpatico' al lettore ?!
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