Dettagli Recensione
Cate & Alexander
«Non si poteva affidare la speranza ad altri. Bisognava farsi speranza, opporre resistenza e barricate, ricucire e andare avanti, rimboccarsi le maniche, e bussare alle porte chiuse, per farle aprire.»
Il suo nome è Caterina Hill, detta Cate, ed è un medico chirurgo. O meglio, prova ad esserlo. Perché in quella Londra del 1914 una donna e ancor più medico è un qualcosa di impensabile. Ecco perché il suo lavoro è paragonabile a quello di un professionista di serie D, ecco perché per campare si occupa di prostitute e donne disperate che cercano cure per le problematiche cui sono soggette a fronte della propria posizione sociale. Cate è però una donna di buona famiglia. Di origine per metà italiana, circostanza questa non positiva in un mondo dove essere originaria di uno Stato che ancora non ha preso una decisione sul dove stare e con chi schierarsi nell’imminente conflitto è condizione tanto negativa quanto disturbante, e per metà inglese cresce da sola una figlia. Un marito, in verità, e un padre mai vi è stato. Tuttavia, la piccola Anna di anni 5 è una realtà, ed è anche la sua fortuna. Ha di recente subito un’aggressione, Cate. Questa l’ha portata a lasciare l’ospedale presso la quale operava e ora che si occupa di reiette mai si sarebbe aspettata della visita di Flora Murray e Louisa Garrett Anderson. Sono venute a proporle un’offerta molto accattivante, importante non solo a livello economico ma anche sociale. Le donne medico vogliono coinvolgerla in un progetto che ha quale obiettivo quello di curare i feriti in guerra, più precisamente in Francia. Si tratta di un progetto che la vedrebbe coinvolta per sei settimane ma che la vedrebbe realizzata come medico-chirurgo e che la vedrebbe poter fare la differenza per quel mondo così ostile alle donne e al loro ruolo nella società. Cate non può accettare, come potrebbe fare con la piccola Anna? Lasciarla a Mina e Joseph, l’uomo e la donna che l’hanno letteralmente raccolta per la strada? E se si pentisse di rifiutare? Se un domani fosse colta dai dubbi per quest’unica occasione perduta? Fortunatamente saranno proprio Mina e Joseph a farla riflettere e Cate partirà con le donne medico alla volta della Francia per soccorrere e aiutare i soldati feriti in guerra.
«Il fiore non si rende conto di essere già morto quando viene colto, pensò. Sarebbe capitato anche ad Andrew, se Alexander non avesse fatto qualcosa. Come certi fiori che sbocciavano da recisi, sarebbe marcito mentre ancora respirava.»
E sarà qui che incontrerà per la prima volta Alexander, il capitano, che con la sua truppa, si trova al fronte nella speranza di sopravvivere e fare il suo dovere. Due volte le strade tra Cate e Alexander si incontreranno; una prima volta sarà la giovane a “raccoglierlo” letteralmente dal mulino in cui l’uomo si trova ferito grazie all’ausilio di un cavallo, mentre una seconda volta sarà lui stesso ad approdare tra le “mani” della dottoressa che dovrà decidere, a seguito di una ferita, del suo futuro. Perché una scelta presa oggi potrebbe inficiare su quel che sarà di lui domani.
«Ci vuole coraggio, ci vuole un cuore forte nel petto, per vivere in un mondo che ti rifiuta.»
Nel mentre la Storia scorre rapida tra incedere della guerra che tutto è tranne che lampo, tra suffragette che affermano i loro diritti e soldati che imparano a vivere in una nuova condizione di vita essendo questi anche tacciati a vita di quelle che sono state le conseguenze del conflitto, non sempre e solo fisiche ma più spesso conseguenze psicologiche e morali. Non debba stupirsi il dato dei militari che ricamano, storicamente è stato davvero un espediente utilizzato per far vivere questi in un contesto ospedaliero, tra accettazione del trauma e nuova vita. Non stupisca nemmeno l’affermarsi di ospedali gestiti interamente da donne, anche questa è verità storica.
«Allora Cate capì che era lui il capo, e di nuovo si interrogò su quanto potente fosse il lato oscuro che la guerra nutriva in ciascuno di loro, tanto da trasformare una giovane anima in bestia affamata.»
Ilaria Tuti torna in libreria con un altro romanzo storico che conferma quel che è il pensiero già insediato con “Fiore di roccia”: ella non è una thrillerista (ambito in cui francamente rende molto ma molto meno nonostante il fortunato personaggio della Battaglia con cui è conosciuta) quanto un’abile romanziera storica e… d’amore. La Tuti sa infatti mixare bene il dato della memoria con quello del sentimento umano creando e dando vita a pagine che sanno emozionare e trasportare. Si parla di fiction storica, sia chiaro. L’inizio di “Come vento cucito alla terra” (il cui titolo è alquanto opinabile seppur comprensibile se messo in parallelo alla lettura del contenuto) è lento, scontato, prolisso. Sinceramente in alcuni punti calca troppo sulla verve femminista, le scelte della protagonista sono intuibili e il pathos potrebbe venire meno. Proseguendo si riprende e conduce per mano nella Storia della storia. La parte più avvincente è proprio quella degli ospedali da campo per i militari nonché quella relativa ai militari stessi e al fronte, alle condizioni nelle trincee, alle difficoltà dei soldati. Ed ecco che nella transizione tra seconda e terza e ultima sezione il romanzo compie uno smacco ulteriore. Ci si stacca dal fronte francese, si ritorna in patria ed è qui che le Lady Doctors iniziano ad operare e a rimarcare la propria lotta individuale. Non mancano i soldati che, già incontrati quali Alexander, giungeranno nuovamente in Patria per ragioni che non è dato spoilerare. Questo porta il libro ad evolversi in una dimensione più statica che vive la guerra non più in prima persona sul campo ma su un diverso campo di battaglia, la madrepatria stessa. Talvolta sembra lasciarsi nelle retrovie il fattore guerra quando in realtà questo si respira sempre come una costante. Ad essere primi attori sono le dottoresse e il corpo militare nonché la vita in ospedale e quel che è la condizione sociale femminile e anche maschile in un contesto sociale che muta ed evolve.
L’opera, dunque, assume un connotato più statico per lasciare spazio al fattore emozionale. E c’è da dire che questa volta il lettore trova “papaveri”. A buon intenditor (e lettor) poche parole.
Lo stile coinvolge, è il canonico della narratrice, non particolarmente erudito ma piacevole, a tratti troppo prolisso. L’approfondimento storico c’è ma si tratta di una fiction, pertanto, c’è molto ma molto di romanzato. Questo anche per renderlo più appetibile. Nel complesso una lettura d’intrattenimento, gradevole con cui trascorrere ore liete. Un prodotto ben riuscito.
«Ci vuole coraggio per fare dell’esistenza un’esperienza piena, bisogna essere disposti a pagarne il prezzo.»