Dettagli Recensione
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
La linea d'ombra di Lucio
Il breve romanzo ci prende con il fascino delle storia antiche. E quale storia! Una delle più note e delle più visitate: l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e la distruzione di Pompei. Romanzo storico, questo della Parrella? L’autrice nega questa classificazione, ma a rigore il romanzo lo è, perché vi compaiono i due elementi essenziali del genere: lo sfondo storico, ricostruito con cura filologica, l’invenzione di personaggi come Lucio, il protagonista, i genitori, il suo amante Aulo, l’amico Secondo, intorno ai quali ruotano figure reali come Plinio il Vecchio, Quintiliano, Marziale, l’imperatore Tito. Forse la scrittrice vuole segnalarci che la sua attenzione è rivolta più al mondo interiore del protagonista che al rapporto tra personaggio e storia. Tutte le vicende sono infatti filtrate dalla voce di Lucio, l’io narrante, attraverso uno stile dolente e malinconico nella rievocazione, epico e tragico nel racconto della catastrofe, sentenzioso nel ricavare una lezione universale dall'esperienza vissuta, ricercato ed elegante, quasi al limite del lezioso, nell’inseguire il flusso dei pensieri attraverso un periodare non privo di soluzioni originali. Il principale tema del racconto è legato ad una disabilità, la cecità ad un occhio, che il protagonista non subisce con rassegnazione, ma accetta come stimolo: “ il limite esiste solo per chi lo avverte come tale, sennò non è niente”. Questa forza d’animo di un giovane aristocratico dell’età dei Flavi, sembra riflettere una formazione stoica, in particolare una concezione agonistica dell’esistenza, la coscienza dell’eterna lotta tra la volontà dell’individuo e l’insieme delle circostanze, dei limiti oggettivi, delle situazioni di partenza, in una parola della Fortuna, all'interno dei quali si è chiamati ad agire. Non a caso è questo il nome della nave di cui Lucio avrà alla fine il comando, questo il titolo del romanzo ( si ricordi che il termine originario non ha il significato attuale, ma quello di sorte, in un’accezione neutra).
Sulla scia di Linea d’ombra, Lucio affronta una situazione analoga a quella del giovane, innominato ufficiale del romanzo di Conrad, che prende il comando di una nave e s’imbatte in una serie di avversità, tra le quali una bonaccia che sembra non voler più finire. Entrambi riescono alla fine a portare in salvo l’imbarcazione loro affidata e a superare la linea d’ombra che li separa dalla prima gioventù, in entrambi i casi siamo nell'ambito del romanzo di formazione. Ma ne “La fortuna” gli uomini si scontrano con un fenomeno che sfugge alla loro esperienza e conoscenza di naviganti e questo rende particolarmente drammatiche le loro reazioni.
L’eruzione del Vesuvio, che apre il racconto e sostanzialmente lo chiude, insieme all’epilogo, scandisce un tempo narrativo circolare e la sua descrizione riesce particolarmente viva ed efficace: il cataclisma sta cambiando tutti i punti di riferimento e modificando la stessa linea di costa, mettendo in crisi le categorie con cui di solito il navigante osserva il mare e regola le proprie decisioni. Viene continuamente sottolineata la enormità, l’ eccezionalità di un fenomeno del quale i marinai non hanno esperienze e conoscenze pregresse e che li terrorizza proprio per questo. Non a caso il pur giovane Lucio è l’unico capace di offrire ai compagni una parola di conforto: sono la cultura, la conoscenza della letteratura , della storia, dei classici a fornirgli un supporto per spiegare, comprendere, accettare e far accettare quello che sta avvenendo
A questo lavoro incessante di arricchimento della memoria contribuirà lo stesso protagonista che, su incarico del vecchio scienziato, redigerà una sorta di diario di bordo e disegnerà le nuove mappe di navigazione. Per questo suo duplice successo, aver riportato in salvo i marinai e integra la nave, e aver fornito memoria dei fatti e strumenti aggiornati di conoscenza, Tito lo accoglierà a corte e gli assegnerà una posizione di privilegio. Ed in questo modo Lucio porta avanti la ricerca dello scienziato morto per aver voluto osservare da vicino l’eruzione, con un passaggio di testimone su cui si regge l’evoluzione della scienza e delle conoscenze. Aver scoperto, come afferma Plinio, che il Vesuvio è come l’Etna, è solo una tappa di questa perenne evoluzione.
Ma Lucio non è solo il comandante di una nave che deve soccorrere o registrare il fenomeno: è anche amico, concittadino, parente, figlio di coloro che il vulcano ha ucciso, abitante di quella città che non esiste più e che lui vede da lontano, mentre viene divorata dall'eruzione. Quella scena di rovine e di morte gli era già apparsa in una misteriosa visione divenuta tragica realtà. Quelle case che oggi visitiamo, i mosaici, le strade, i calchi, appartennero ad uomini come noi e la nostra curiosità di visitatori non esclude lo sguardo dell’ umana pietà.
La Fortuna è un romanzo breve nel quale, come spesso avviene, al di là delle buone capacità e del valore dello scrittore, la materia è già di per sé ricca di fascino e tale da suscitare sentimenti di condivisione, passione per quello che è stato, identificazione con quello che fummo, universalità dell’essere umano oltre i confini e le barriere del tempo e delle epoche storiche. Il tutto è arricchito nell'autrice dalla nota personale di un rapporto privilegiato con quegli scavi che frequentò da bambina, quando la sera, mentre i visitatori uscivano, lei entrava per raggiungere la madre, biologa e responsabile dei lavori, all'interno della città sepolta. Un legame destinato, dopo tanto tempo, a riaffiorare e a dettare l’urgenza di una nuova rivisitazione della tragedia dell’antica Pompei. E così la “lenta ginestra” leopardiana, inopinatamente citata da Lucio, rinasce sulla morte, oltre la morte, in virtù della memoria e della scrittura.