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LIBERA NOS A MALO
L’ultimo lavoro di Walter Veltroni narra esattamente quello che anticipa sin dal titolo, del valore insigne di una libera opzione, e sottintende la storia della difficile e faticosa riconquista della possibilità di adempiere le proprie scelte di vita in indipendenza, quando la libertà a questa sottesa viene meno.
La Storia ce lo insegna chiaro: la libertà negata chiede un prezzo alto per ripristinarsi.
Avviene con il confronto a muso duro, il vaglio e la disamina di fatti e ragioni con indipendenza di giudizio e senza manipolazioni di sorta, non di rado se non sempre attraverso lo scontro, che presuppone alterco, urto, collisione, distacco, una vera guerra materiale, non di opinioni.
Che può terminare con costrutto solo con la fine delle ostilità e la ripresa del dialogo intelligente tra tutti gli opposti di qualsiasi genere, tra belligeranti, tra padri e figli, tra uomini e donne sullo stesso piano e non più anteposti, tra idee e modi di essere diversi e concilianti, è la libera espressione di sé l’unica selezione possibile preposta alla crescita collettiva.
Walter Veltroni ambienta il suo ultimo romanzo nella Roma nel luglio del 1943, fa raccontare le cose direttamente ai protagonisti principali, i membri della famiglia De Dominicis, che fungono da testimoni oculari diretti e insieme da reporter del clima, dei pensieri collettivi e dei sentimenti di allora, poiché ognuno dei componenti della famiglia, il padre Ascenzio, la moglie Maria, i figli Arnaldo e Margherita sono personaggi a scelta obbligata, perché imposta, ciascuno a suo modo è l’emblema di generazioni diverse, praticano ognuno substrati sociali variegati, sperimentano e recepiscono nel loro quotidiano, la routine italiana dell’epoca, idee differenti, alcuni conservano granitiche certezze ma i più iniziano a dubitare, a dissentire, a disilludersi.
Ciascuno porta le sue ragioni, i motivi delle proprie scelte esistenziali, su cui gravano le proprie convinzioni politiche e morali, concordi o in disaccordo o talora solo in dubbio sulle idee correnti.
Non si tratta del racconto di come è nata la predilezione per una opzione anziché per un’altra, dopo una valutazione dei fatti frutto di attenta osservazione, riflessione, ponderazione di vantaggi e svantaggi, questa è invece trama di conquista dolorosa, di brusco risveglio da una trance soporifera indotta subdolamente, è epica di riscatto, di crescita, di maturazione, del riappropriarsi della propria umanità troppo a lungo vessata da un regime autoritario liberticida quanto folle e insensato.
Il fascismo in Italia questo è stato, la disciplina, il rigore e la sofferenza di un bieco collegio.
“…Tutti vestiti di nero, tutti incasellati, tutti costretti all’obbedienza a un signore chiamato pomposamente Duce, che nessuno aveva scelto, ma che era entrato nel cervello di molti e nel cuore di tanti, riducendo le persone a un esercito con la testa bassa, capace di dire solo un parola: si.”
Pertanto, impediti alla libera scelta.
Mussolini, e con lui il fascismo, è salvezza, manna, lavoro, orgoglio e benessere per il capofamiglia Ascenzio de Dominicis, usciere presso la nota Agenzia di stampa Stefani, l’unica voce ammessa dal regime, in servizio diretto nell’anticamera del Direttore Morgagni, vale a dire l’oracolo della verità di Stato. Ascenzio crede ciecamente in lui, è fascista convinto dalla prima ora, devoto al Duce e al direttore Morgagni forse in pari misura, è il campione dell’italiano medio di allora: magari non completamente in sintonia con leggi razziali e quant’altro partorito dai governanti, e però ligi, grati, compatti, convinti, sono gli italiani coerenti con il loro tempo, che non hanno scelto e nemmeno scelta. Non c’è italiano di allora che non possa dirsi fascista; magari malvolentieri o giocoforza, ma tranne fuoriusciti e ribelli nessuno osa contraddire le scelte del Duce aderendovi magari senza entusiasmo ma con obbedienza e compatta partecipazione.
Credere, obbedire, combattere: e tutto il resto, la guerra disastrosa, la vergogna delle leggi sulla razza, il nemico alle porte, la fame e la miseria, i disagi e l’insicurezza dilagante per un vero fascista non sono che inezie, menzogne della propaganda messe in atto dai disfattisti e dai nemici dell’Italia e del Duce. Ascenzo crede fermamente a quanto affermano il Duce e Morgagni per suo conto: il Duce è intoccabile da chiunque e saprà portare fuori l’Italia da una temporanea situazione di difficoltà, non c’è da temere, gli alleati non oseranno mai non solo bombardare Roma, ma nemmeno sfiorarla, perché è la sede del Papa e perché è il più grande museo all’aperto delle vestigia dell’umanità, sarebbe come creare offesa a Dio ed al resto del mondo civile che certo si inalberebbero davanti a tanto scellerato gesto. Non è dello stesso avviso suo figlio diciottenne Arnaldo, completamente in disaccordo con il padre, poiché intuisce chiaramente che di scellerato c’è solo il disgraziato regime.
Il giovane, e con lui i suoi coetanei di studi, sono ragazzi moderni che fanno quello che da sempre fanno i giovani quando non sono costretti altrimenti a forza.
Leggono anche quello che non dovrebbero leggere, si informano, si riuniscono clandestinamente, discutono, dubitano, non accettano spiegazioni precostituite, rifuggono da stereotipi, sono il nuovo che avanza, diffida, obietta, e così facendo rivitalizza tempi, usanze, persone.
“…Mi sarebbe piaciuto parlare un po' con i più anziani, farmi dare consigli, sentire la loro opinione, figlia di quella grande ricchezza che è il vissuto, l’esperienza dei giorni e delle situazioni.”
Pur sotto dittatura, la loro è una generazione che non intende portare il proprio cervello all’ammasso collettivo, rifiutano di farsi bendare e di accettare una versione dei fatti falsa, menzognera, costruita ad arte, ed è inevitabile pertanto lo scontro non solo generazionale, ma di scelta tra il vero o presunto tale ed il suggerito ad arte perché mistificato, il proposto e il verificato, l’ideologia e la realtà.
La madre Maria, pratica e prosaica, devota al marito, ai figli, alla famiglia, e per converso al Duce solo perché di quei valori si è appropriato, è preoccupata piuttosto per le difficoltà crescenti di rinvenire il pane, il cibo quotidiano, l’essenziale per vivere ogni giorno, teme i tempi futuri che istintivamente presagisce non essere lieti per i figlioli. Maria è volta al carpe diem, segue la rotta della vita così come le è stata imposta di moglie, angelo del focolare, madre e non mamma, sarebbe a dire mettere al mondo non figli da amare ma soldati per la guerra e donne per i soldati, indifferente alla politica, non arriva a capire che anche l’indifferenza è una scelta, anche il subire è una scelta imposta e quindi non più tale, ma gradualmente i fatti in arrivo le faranno cambiare idea.
La dolce Margherita che diviene ragazza proprio in questi giorni difficili dell’afoso luglio del ’43, è una ragazza sensibile, solare, dolce e innamorata della vita come solo le 14nni sanno esserlo, lei è un ago della bilancia, è l’emblema di saggezza e riflessione, equità e placidità di giudizio, legata tanto al padre quanto al fratello, e però aperta all’altro, alle amiche, alle vicine, è l’anima ferita di un’ Italia empatica, umana e solidale che anela ad altro nella vita che non siano i destini della patria o le incombenze imposte da sempre alle donne: pretende di pensare con la sua testa come una piccola grande donna che in effetti è, sceglie di essere e non di avere compito, e perciò è anche tremendamente sola, come chiunque fuori dalle consuetudini imposte e conformiste:
“…Io poi sono persino piccola. Una piccola donna. Un sinonimo del niente. Lo zero assoluto”.
Poi avviene l’impensabile. Mussolini l’intoccabile è destituito dal Gran Consiglio del Fascismo, e gli alleati bombardano Roma. San Lorenzo, il quartiere della famiglia De Dominicis è ridotto ai minimi termini dalle bombe che seminano morte e distruzione. Nell’aria risuonano urla di dolore e nenie dal sapore antico, che risalgono a colui che per primo senza esitare fece la sua scelta pagandone il prezzo:
“…Pater Noster qui es in caelis…libera nos a malo.”
Sono eventi questi che pongono in discussione le scelte precedenti, e impongono alternative a tutti e a chiunque: sono i fatti, la menzogna svelata, i semi concreti delle idee nuove di democrazia.
Perché sempre alla base della libertà, semplicemente, ci sono scelte.
Walter Veltroni è regista, scrittore, storico, politico, documentarista: ne “La scelta” ha optato di non scegliere o suggerire, la scelta la lascia tutta al lettore. Ha esternato il suo dire in tutti i modi che sa, con eclettismo. Ci ha offerto uno spaccato della nostra storia, direi di più, l’inizio della nostra storia repubblicana, secondo un punto di vista politico, di dichiarato schieramento di parte. Non solo, ma ha narrato una bella storia con l’incisività, la chiarezza e la capacità narrativa di uno scrittore provetto.
Un racconto che si snoda per immagini, dove si alternano riflessioni ed azioni, scene di estrema delicatezza ed altri di scontri bruschi, toni leggiadri ed altri burrascosi.
Veltroni ha dato già in passato ampia prova di sé come scrittore, con buona fortuna, magari qualche volta a mio parere è inciampato in qualcosa non proprio nelle sue corde, come le recenti incursioni dello scrittore nel genere giallo seriale con i volumi aventi a protagonista il commissario Giovanni Buonvino, che comunque mi dicono nettamente migliorato nelle ultime uscite.
Qui però fa uno step successivo: parla di un qualcosa che lo ha segnato, che in qualche modo ha plasmato la persona che è: perciò “La scelta” è un romanzo compiuto, squisitamente veltroniano, gradevole, sincero, affabile come la chiacchierata con un vecchio amico che sciorina i suoi ricordi. Una lettura che racchiude le sue esperienze di vita, perciò è contemporaneamente un romanzo, un film, un ricordo, un articolo di testa sull’organo del partito.
Veltroni ci parla della sua Roma, dei suoi concittadini, della sua vita, il suo è un racconto per immagini della memoria, è il resoconto di una situazione pesante imposta a forza e plumbea per un ventennio, il suo libro è essenzialmente, più che un monito, un invito fermo e preciso ai giovani dei nostri tempi: scegliete, optate per una scelta, purché sia libera. E siate coerenti con la vostra scelta.
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