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Gente come l'Agnese
"La pioggia e la nebbia si cambiarono in neve, il rumore dell’acqua morì in un grande silenzio. La neve veniva giù dal cielo bianco, si fermava sugli alberi, sui tetti, si scioglieva nei canali, cancellava le cavedagne, era una cosa pesante, monotona, infingarda, una scusa offerta a chi non aveva voglia di muoversi. I tedeschi stavano intorno ai fuochi delle cucine, scherzavano con le ragazze, si ubriacavano e dormivano. Un ordine li faceva balzare in piedi infilavano i lunghi cappotti di panno, quando erano fuori in quel bagliore bianco e gelido diventavano più cattivi avevano desiderio di ammazzare per scaldarsi. Ma per le strade non c’era quasi nessuno. Qualche donna con la testa fasciata dallo scialle, degli uomini rari, con l’aspetto affaticato ed innocuo. I tedeschi non sapevano che fra quegli uomini e quelle donne, in giro fra la neve, molti, quasi tutti, erano partigiani. Staffette inviate con un ordine nascosto nelle scarpe, dirigenti che andavano alle riunioni nelle stalle dei contadini, capi che preparavano l’azione dove nessuno l’aspettava. La forza della resistenza era questa: essere dappertutto, camminare in mezzo ai nemici, nascondersi nelle figure più scialbe e pacifiche. Un fuoco senza fiamma né fumo: un fuoco senza segno. I tedeschi e i fascisti ci mettevano i piedi sopra, se ne accorgevano quando si bruciavano." Una donna rude, dall'aspetto duro ma pacifico, una lavandaia con il fisico da contadina, passa indifferente tra i soldati tedeschi, fredda, tranquilla, insospettabile. Trasporta ceste di panni sporchi, o biancheria già lavata, o semplicemente le sporte della spesa da cui spunta una pagnotta male incartata, la sua frugale cena, che lei prontamente offre alla guardia che l'ha fermata. Poi va via, pacifica com'è arrivata, come se fosse tutto normale. Ma appena si allontana sputa per terra, maledice gli sporchi nazisti che occupano la sua terra, i loro degni compari fascisti e gli sporchi delatori pronti a vendere i loro compatrioti, come ha fatto Minghina, la sua vicina di casa, con suo marito Palita, partigiano, comunista, arrestato, deportato, morto sul vagone ferroviario che lo stava portando in Germania. Siamo in piena resistenza, in una non meglio identificata zona d'Italia, tra le colline che costeggiano le sponde di un fiume. Lei è Agnese, una donna semplice, gran lavoratrice, che ha sempre dovuto sgobbare per due perché il marito aveva dei grossi problemi di salute. La malattia tuttavia non impediva all'uomo di occuparsi, nel limite delle sue possibilità, delle sorti della sua nazione, deturpata dallo scempio del regime fascista, violata dalla presenza delle SS che si comportano da padroni. Agnese invece non ha mai seguito la politica, non conosce il partito a cui Palita era legato, non si è mai immischiata in faccende che, da sempre, sono appannaggio degli uomini. Tuttavia la nostra eroina non ci pensa due volte ad unirsi ai compagni del defunto consorte, quando questi vanno a trovarla e le propongono di entrare nella resistenza. La donna diventa subito una perfetta ed insospettabile staffetta partigiana, continuando ad occuparsi della casa, delle faccende domestiche, del lavoro da lavandaia, mentre sottobanco trasporta armi, cibo, semplici informazioni. Finché non è costretta a scappare da casa anche lei, a darsi alla macchia con i suoi compagni, dopo aver ucciso un soldato tedesco reagendo all'ennesimo sopruso. Sempre attiva, sempre pronta a fare il possibile per la causa, a volte anche l'impossibile, come un vero soldato pronto a sfidare ogni avversità, ogni nemico, perfino la morte. L'Agnese, con il pensiero sempre rivolto all'amato Palita, va a combattere, L'Agnese va a morire. Renata Viganò racconta la resistenza puntando tutto sulle descrizioni, sulle atmosfere, sui sentimenti, tralasciando la facile retorica, ignorando i fatti storici che avvengono lontano dai luoghi dove si muove la protagonista. Ci sono soltanto un fiume, qualche collina, i partigiani da una parte, i nazifascisti dall'altra. C'è un clima pesante, una popolazione divisa in maniera netta tra chi sta da una parte e chi dall'altra, come esistessero soltanto il bianco e il nero. Ci sono grandi difficoltà a reperire i più elementari mezzi di sussistenza, a combattere le intemperie naturali, la pioggia, il freddo, l'umidità. Difficoltà che aumentano notevolmente per chi, come i gruppi partigiani, deve muoversi in clandestinità, sempre all'erta, dormendo ora qua ora là, spesso all'addiaccio, spesso non riuscendo neanche a dormire, tantomeno a mangiare. Eppure questa gente continua la sua guerra, spinta dallo sdegno verso il regime, dal sogno di cambiare le cose, dalla disperazione di chi non ha più niente da perdere. Ma l'autrice non li presenta come eroi, le loro azioni vengono descritte in maniera secca, cruda, priva di enfasi, di trionfalismo, non ne mostra solo il coraggio ma anche la paura, non ne ostenta solo le certezze ma anche i dubbi. Gente semplice, che pure ha fatto la storia, una storia che troppo spesso viene dimenticata, taciuta, ignorata, che oggi più che mai si tende a minimizzare, ridimensionare, perfino, purtroppo, a revisionare. Gente a cui dobbiamo oggi la nostra libertà, che ha combattuto per sè ma soprattutto per quelli che sarebbero venuti dopo. Gente come l'Agnese. "Dopo sarà un’altra cosa. Io sono vecchia, e non ho più nessuno. Ma voialtri tornerete a casa vostra. Potrete dirlo, quello che avete patito, e allora tutti ci penseranno prima di farne un’altra, di guerre. E a quelli che hanno avuto paura, e si sono rifugiati, e si sono nascosti, potrete sempre dirla la vostra parola; e sarà bello anche per me. E i compagni, vivi o morti, saranno sempre compagni. Anche quelli che non erano niente, come me, dopo saranno sempre compagni, perché potranno dire: ti rammenti questo, e quest’altro? Ti rammenti il Cino, e Tom, e il Giglio, e Cinquecento… - Con quei nomi di morti, si rimisero a parlare di loro, ma non della morte: ne parlarono coi ricordi di prima, come se fossero vivi."
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Anch'io l'ho trovato un bel libro. Non so perché non sia conosciuto come invece è accaduto per altri libri dello stesso periodo.