Dettagli Recensione
Sopravvivere e rinascere
E' la notte del 28 dicembre 1908 quando all'alba le viscere della terra esplodono inghiottendo migliaia di persone tra Messina e Reggio Calabria.
Solo polvere, morti, buio e terrore.
La vita si è fermata e spezzata in un prima e un dopo per i pochi sopravvissuti,
Un esercito di esseri annichiliti, disperati e sconfitti dalla violenza della natura si aggirano disperati, allampanati e famelici tra macerie fumanti alla ricerca dei propri cari prima, alla ricerca di un oggetto, di un pezzo di pane raffermo da mettere sotto i denti o di una pozza di acqua melmosa per abbeverarsi dopo.
All'interno di un quadro dalle tinte fosche e surreali, l'autrice ritrae due volti, quello di un orfano e quello di una giovanissima donna, seguendo il loro “prima” familiare e il loro “dopo” di caduta, svilimento e infine di perseveranza e rinascita.
Un romanzo breve eppure intenso per i contenuti, per le immagini pregne di realismo, per lo spessore emotivo ed il ritratto psicologico di quanto rappresentato.
Una narrazione che alterna un capitolo alla storia di Nicolino ed uno alla storia di Barbara; emblemi della tragedia colossale che ha sconvolto lo stretto, simboli di una sofferenza subita per mano di un destino imperatore.
Il piccolo Nicola è simbolo del mondo dell'infanzia, di quell''esercito di orfani che nasce all'alba del giorno successivo alla scossa, quando migliaia di madri e padri non si risvegliano.
Cosa fare, dove andare? Anime perse che vagano giorni e giorni cercando nella polvere e rischiando di incappare nelle trappole di adulti aguzzini, perchè le tragedie non scaldano il cuore, ma sembrano scatenare bragia e violenza all'essere umano.
La bella Barbara, un fiore che stava per sbocciare prima del terremoto, poi è calata una notte densa che ha portato abbruttimento e lacerazione, spezzando i petali colorati sostituendoli con le spine.
Nonostante il tema affrontato e la gravità delle immagini, il taglio narrativo impresso da Nadia Terranova è di resilienza, di forza e di speranza.
Il lirismo della penna è un valore aggiunto che carica di pathos ogni rigo, permeando di balsamo gli aspetti più brucianti e donando una carezza di vicinanza e comprensione a tutti i protagonisti.