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L’ULTIMA REGINA NORMANNA
Avevo conosciuto la scrittrice con il romanzo “L’acquaiola” e mi era molto piaciuto per l’ambientazione, il crudo realismo, il forte carattere della protagonista. “La sposa normanna” è incentrata su un personaggio femminile forte, determinato e storico: Costanza d’Altavilla, madre dello stupor mundi, ossia Federico II.
L’opera comincia quando Costanza, ignara degli intrighi di corte, è già in convento a seguire la sua vocazione religiosa quando le viene strappato il sacro velo per unirsi in matrimonio con Enrico di Svevia.
Lei, una donna non più giovanissima, (quasi trentatrè anni) probabilmente non adatta a procreare, nata presso una corte che onora la cultura e la bellezza, che va in moglie ad un uomo più giovane di lei, un diciannovenne rozzo e semianalfabeta!
Ma lei è l’ultima erede al trono normanno e Guglielmo d’Altavilla, suo nipote, per contrastare lo strapotere del papa Clemente III, è costretto a stringere un’alleanza con la casata sveva e l’unica soluzione è richiamare dal convento Costanza, che nel frattempo si è fatta chiamare Suor Maria Veronica.
Costanza è di “indole molto docile e remissiva, plasmata dalla rigorosa disciplina della clausura. Questo è ciò che ci occorre “dice l’imperatore di Svevia al figlio Enrico “ una sposa obbediente, mite, timorata di Dio, che privilegi la preghiera, il raccoglimento, la vita contemplativa e aborrisca le cure dello stato e l’esercizio del potere. Alla morte di re Guglielmo non ti costerà nessuna fatica estrometterla dal governo e regnare al suo posto.»
Una donna sola contro tutti: contro Enrico, suo sposo, attratto prepotentemente da lei, ma che la disprezza, debole e mal consigliato, Gualtieri di Palearia che vuole farla fuori, lo stesso papa.
Splendide ed accurate le descrizioni della Russo. Ecco uno stralcio riferito al giorno della celebrazione del matrimonio reale:
“Davanti all’altare maggiore, sotto un baldacchino di porpora e oro, sedeva il vescovo, che indossava la mitria e la pianeta delle occasioni solenni, doni preziosissimi dei re di casa Altavilla. Gli facevano corona i prelati, i parroci delle chiese palermitane, i diaconi. Alle loro spalle, era schierato il coro, in tunica rossa e camice bianco. Un tappeto di velluto scarlatto, ricamato in oro e argento, segnava il cammino fino al trono riservato al re, davanti al quale, sopra un prezioso cuscino intessuto d’oro e perle bianche di fiume, posava l’ampollina con l’olio consacrato, la corona e lo scettro. Gioielli di valore inestimabile, tempestati di un numero incalcolabile di pietre preziose: granati, turchesi, ametiste, smeraldi, zaffiri, rubini, perle. Creati da artisti che lavoravano solo per la casa normanna e non lasciavano mai la reggia, abitando e lavorando in un’area interamente riservata a quello scopo”.
Costanza è ubbidiente e remissiva, ma quando diventerà madre tirerà fuori una forza e una determinazione sorprendenti, unite all’astuzia e all’aiuto dei fedeli al trono normanno sparsi per l’Italia, che non sopportano i soprusi degli Svevi e la corruzione del papa.
E’ una storia di intrighi, di vendette, di invidie, ma anche di sentimenti nobili e delicati, di passioni che covano sotto la cenere.
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