Dettagli Recensione
Tutti gli uomini del Fuhrer
La Storia con la maiuscola, il resoconto fedele dei fatti e delle vicende umane così come sono realmente avvenute, è di per sé una lettura romanzata, avvincente ed intrigante, a riprova dell’assioma che nulla supera la fantasia quanto la realtà.
Ispirandosi ai fatti conosciuti, la fantasia ed il talento di un romanziere possono però ugualmente sbizzarrirsi, certo non per travalicare la verità storica, il che apparirebbe estremo, disdicevole o reso invece straordinariamente necessario ai fini di un romanzo distopico, piuttosto per riproporcela, riesumarla per una lettura colta ma piacevolmente scorrevole come un tomo di narrativa, anziché un saggio storico.
Questo di Fabiano Massimi è un libro realizzato davvero bene, un lavoro accurato, scrupoloso, fedele e certosino nei particolari offerti, ben fatto, scritto ancora meglio, una scrittura interessante, garbata, ben congegnata che accompagna il lettore, suggerisce e suggestiona, ma non si impone con la valenza del docente.
La lettura risulta ancora più avvincente ed interessante, perché lo scritto si addentra nei particolari meno noti al grande pubblico dei non addetti, che di certi eventi conosce solo le linee essenziali, restando all’oscuro di antefatti, coincidenze, sincronismi o minuzie spesso tanto singolari quanto stupefacenti.
L’intendimento, oltre a quello di offrire al lettore una gradevole lettura, ha come tutti i buoni libri anche un proposito più profondo, la Storia in un romanzo è utile soprattutto per rinnovarne facilmente il ricordo: la narrazione sistematica degli avvenimenti più oscuri e tragici, rilevanti nella vita dell'umanità, elaborata secondo un'interpretazione critica talora, quando ben esposta e meglio ascoltata, suona come monito perché certi aspetti deteriori e deleteri, per non dire infimi e delittuosi, non abbiano più a ripetersi.
Questo, quindi, è uno di quei romanzi che mescola realtà storica con la fantasia, con un corollario di personaggi inventati di sana pianta, che però tanto sono ben caratterizzati, ed immersi completamente nella realtà del tempo e delle vicende descritte e risapute, che talora appare davvero difficile distinguere la realtà dalla fantasia.
Questo è un punto di merito dell’autore, si è portati a chiedersi fino a che punto queste figure che agiscono a fianco, intorno, e insieme ai Grandi Nomi dei Grandi Fatti siano frutto di fantasia, del tutto inventati e mai esistiti, o siano davvero reali comprimari dei fatti del tempo narrato, che solo la nostra ridotta e frammentaria conoscenza degli eventi ci porta ad ignorarne l’esistenza.
Mettere insieme figure storiche che la Storia l’hanno segnata, nel bene come nel male, e altre comparse immaginarie che quei fatti ce li descrivono come se stessero veramente avvenendo sotto i loro occhi, anzi di più, che li vedono coinvolti in prima persona, non è un compito agevole, ci riescono al meglio solo grandi firme, il primo che mi viene in mente è Ken Follet, per esempio.
Su questa falsariga si muove Fabiano Massimi, un giovane autore colto, preparato, direi letteralmente un uomo da biblioteca, e bibliotecario lo è per davvero, oltre che romanziere è un vero e proprio studioso, un esperto particolarmente addentro nella Storia delle iniziali avvisaglie prodromiche che portarono all’avvento del nazismo in Germania e la salita al potere di Adolf Hitler, con le relative funeste conseguenze.
Direi che la Storia incanta e avvince di per sé, e Massimi non necessita perciò di romanzarla, però la sa sistemare meglio con trama e intrecci, e ne trae allora un bel romanzo tutto suo.
“I demoni di Berlino” è a suo modo un sequel, quello del precedente, e fortunato, romanzo dell’autore, intitolato “L’angelo di Monaco”, un testo originale, con un fascino da thriller, che esaminava una vicenda terribilmente reale, e però avvolta volutamente nelle spire del mistero, perché se resa nota all’epoca dei fatti accaduti, avrebbe stroncato sul nascere la salita al potere dell’allora astro nascente della politica tedesca, Adolf Hitler, di lì a poco cancelliere del Reich.
L’angelo di Monaco non faceva riferimento ad una statua simbolo della città bavarese, quanto all’esistenza tragica, triste e disperata, culminata in un presunto suicidio, di Angela Raubal, detta Geli, la giovanissima nipote del futuro Führer, che pareva ad ogni effetto legato alla congiunta da un ambiguo rapporto con connotati sia di incesto che di pedofilia, data la forte differenza di età zio – nipote. Data la morale corrente, infine, era un rapporto fonte di grande indignazione e scandalo sia tra le fila dei suoi nemici, sia tra i collaboratori più stretti, che cercavano mellifluamente di distogliere il Capo del Nazismo da questa insana fissazione per la ragazzina: tant’è che le indagini sul suicidio della giovane furono rapidamente sviate ed insabbiate.
In “I demoni di Berlino” Massimi riprende il filo della narrazione partendo dall’ex commissario Sigfried Sauer detto Siggi, un uomo retto, onesto e imparziale, sebbene in gioventù fosse stato anch’egli abbagliato dalle mirabolanti teorie del nascente nazionalsocialismo, ricredendosi ben presto e scontrandosi con i gerarchi coinvolti nel depistare le sue indagini sul delitto Raubal.
Sauer aveva investigato con onestà e diligenza, ma i poteri forti lo avevano brutalmente distolto per non compromettere la reputazione del capo del nazismo, costringendolo ad allontanarsi e a nascondersi a Vienna, mentre la donna di cui è innamorato, Rosa, si è unita alla Resistenza.
Sauer proprio per amore, perché viene a sapere che la propria donna è in pericolo, si reca a Berlino, nonostante i dolori e le disgrazie, lo sconvolgimento totale che ha comportato per la sua esistenza interessarsi a quanto non avrebbe dovuto interessarsi neanche per un attimo, data la posta in gioco; ma giunge un momento nella vita in cui un uomo deve fare quanto ritiene più giusto, incurante delle conseguenze, malgrado abbia già provato l’orrore:
“Non ho più paura di fare un passo falso e cadere, perché sono già caduto, e sono ancora intero”.
Sauer a Berlino incontrerà amici, nemici, conoscenti, commilitoni, colleghi vecchi e nuovi, alleati, simpatizzanti, spie; e ancora, ragazze assassinate brutalmente e gettate nei canali, e sadici torturatori, e tutte le persone che incontrerà sono l’emblema dell’epoca, lo specchio dei tempi: nessuno è, tutti appaiono, c’è chi lo aiuterà, chi lo tradirà, chi non è chi dice di essere, e chi invece è ben altro di quel che sembra. Può contare fedelmente solo su sé stesso:
“…l’unico modo per uscire da un labirinto di specchi è smettere di guardare la propria immagine riflessa e affidarsi alla logica.”
Tutto e tutti sembra convergere su Berlino, su cui il cielo non è mai azzurro ma ingombro di nubi scure, si avverte nell’aria lo scandire di un conto alla rovescia prima di un disastro imminente, che può segnare l’avvio o la fine di qualcosa che si avverte essere foriero di gravi tempeste future.
L’ex commissario tornato in campo per un’unica missione verrà coinvolto in una gigantesca e vorticosa girandola di azioni, missioni, avventure, tutto questo frenetico raccontare è il pezzo forte dell’intera narrazione, quello che ti inchioda alle pagine, non te ne fa staccare, ti tiene all’erta a forza, malgrado chiunque con un minimo di cultura storica sa già dove si andrà a parare.
Fabiano Massimi va a cento allora, il suo scritto non ha nulla dei testi di un placido bibliotecario, ma racconta una e tante storie insieme, intrecciate saldamente, delinea il Bene ed il Male in contrapposizione tra loro ma saldamente avvinti e confusi l’uno nell’altro, esattamente come accade nella Storia, nella vita reale.
Storia che vede contrapposte differenti forze in campo perché l’ago della bilancia delle prossime, imminenti elezioni, penda dall’una o dall’altra parte.
Da un lato gli uomini del futuro Fuhrer, tutti gli uomini del Fuhrer, i suoi demoni, la feccia del suo entourage e dei poteri forti che lo sostengono, decisi a vedere il piccolo caporale fregiarsi di capo del prossimo parlamento, sfruttando le paure e le rivalse del popolo tedesco uscito distrutto dal primo conflitto mondiale, perché possa farsi promotore di leggi autoritarie e liberticide volte alla conquista assoluta del potere.
Dall’altro la Resistenza, che comprende un coacervo non organizzato di individui ed associazioni di varia matrice politica, non solo avversari politici, ma cittadini comuni, le persone di buon senso, quanti ancora conservano equilibrio di giudizio sufficiente per dubitare della propaganda del partito.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è vero che il popolo tedesco all’unanimità stravedesse per Hitler, tutt’altro, la stragrande maggioranza non coinvolta affaristicamente con il regime ne diffidava, spesso disapprovavano quanto vedevano quotidianamente, violenze gratuite di ogni genere, squadracce di SA, vessazioni, ingiustizie e persecuzioni nei confronti degli ebrei usati come capro espiatorio, e sui dissidenti a ogni titolo dell’idea del Terzo Reich, la resistenza in sintesi comprendeva quanti, in patria e fuori, erano ben consci del pericolo dell’avvento delle teorie nazionalsocialiste, in particolare per quanto riguarda la questione ebraica.
Cosa teneva allora frenato il popolo tedesco dal rivoltarsi contro i nuovi capi?
Quello che dichiarò espressamente uno dei massimi esponenti del Terzo Reich, vi riporto la testimonianza diretta di Hermann Goering al tribunale di Norimberga:
«L’unica cosa che si deve fare per rendere schiave le persone è impaurirle. Se riuscite a immaginare un modo per impaurire le persone, potete fargli quello che volete».
La paura, il terrore, l’ansia, l’angoscia non tanto per sé, quanto per i propri cari.
Tutto il racconto di Fabiano Massimi trasuda di queste emozioni, riporta fedelmente le sensazioni di ansia e di stress continuo comuni dell’epoca nell’una e nell’altra parte, perciò questa è una storia avvincente, di trepidazione, di corse, di svolte repentine, di affanno.
Si narrano vicende di morte, di sofferenze, di torture: tutti insieme appassionatamente troviamo vittime e carnefici, condannati e torturatori, giustizieri e giustiziati. Assai più che nel primo volume, Fabiano Massimi descrive un’epoca, ma ancora di più descrive le emozioni correnti di quell’epoca.
Tratteggia il Male, indicandone i suoi maggiori rappresentanti in terra tedesca, che non sono tanto Adolf Hitler, che tutt’al più era un utile idiota, se non un ridicolo burattino manovrato da chi dal Nazismo traeva ricchezza e potere, ma i veri demoni di Berlino, tutti gli uomini del Fuhrer, che rispondono ai nomi di Joseph Goebbels, Hermann Goring, Reinhard Heydrich, Heinrich Himmler, e vari altri.
Questo romanzo altro non è che la precisa indicazione dei responsabili di una tragedia immane, e sottintende qual è lo scopo primario della lettura, dei libri, della cultura, della conoscenza storica:
“…Il mio lavoro è rimediare alle ingiustizie. Scovare i colpevoli e fargliela pagare.”
Perché i colpevoli sono tutti pittoreschi, e tutti banalmente cattivi.
Perché il Male è banale, ha ridicoli baffetti, ma il Dolore che provoca è enorme, eccessivo, ingiusto e ingiustificato. Non esita ad appiccare il fuoco ad un parlamento, e scaricarne la responsabilità sui buoni, pur di convincere gli indecisi a dargliela vinta, decantando di avere i mezzi per fare ordine e pulizia. Certamente sono in grado di far tacere il caos, con un silenzio tombale, però.
Questo romanzo, infine, insegna:
“…anche oggi, per passare dalla democrazia più evoluta ad un incubo totalitario basterebbe ben poco: un incidente, un pretesto, la minima distrazione.”
Perché tutto non ritorni, non si ripeta, la Storia va conservata, va rievocata.
Diffusa, come un buon romanzo.
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Un libro che m'incuriosisce.