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L'inverno dei Leoni. La saga dei Florio
 
L'inverno dei Leoni. La saga dei Florio 2021-06-07 09:36:22 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    07 Giugno, 2021
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La parabola discendente dei Florio

«All’inizio è un sussurro, un mormorio portato da una bava di vento. Nasce nel cuore dell’Olivuzza, al riparo di tende tirate, in stanze immerse nella penombra. Il vento afferra la voce e questa sale d’intensità, si mescola al pianto e ai singhiozzi di una donna anziana che stringe una mano fredda.»

Con “L’inverno dei leoni” giunge a conclusione la saga dei Florio iniziata con “I leoni di Sicilia” classe 2019. Torniamo dunque tra i membri della famiglia Florio, tra anime che si sono allontanate dalla terra natia per farvi ritorno, perché a quel mare è impossibile sottrarsi così come alle origini che segnano ciascuna esistenza, e altrettante che in questa terra siciliana sono riusciti a fare fortuna.
È Ignazio a dover portare avanti la storia di Casa Florio. Vincenzo Florio, senatore del Regno d’Italia e patriarca della dinastia muore nel 1868 mentre il figlio, trentenne e unico maschio, si è sposato nel 1866 con la baronessa Giovanna d’Ondes Trigona. Questo si traduce nel traguardo di aver portato sangue nobile nella famiglia. Ma Ignazio non dimentica le sue origini e quel lavoro che da sempre è stato radicato in lui come culto. Non dobbiamo mai dimenticare, leggendo queste pagine, che alla base dei Florio vi è il desiderio di riscatto sociale e di raggiungere sempre quel traguardo in più. Ecco perché se nel 1799 i fratelli Paolo e Ignazio sbarcando a Palermo sognano di fare fortuna prima come commercianti di spezie, poi con il commercio di zolfo e ancora acquistato terreni e abitazioni, mai si fermano nel loro desiderio di ascesa e conquista. Questa costante ambizione segna il loro divenire e la loro discendenza nel bene e nel male, con scelte giuste e altrettante errate che non risparmiano nemmeno i volti femminili che abitano la saga.

«Allora, solo per loro, lì, nello specchio, Franca è di nuovo giovane e bellissima. È nella sua stanza, quella con il pavimento coperto di petali di rosa e i puttini sul soffitto. Gli occhi verdi sono limpidi, la bocca è aperta in un sorriso sereno. Indossa un leggero abito bianco e le sue perle. E in quel momento, tanto perfetto quanto impossibile, è davvero felice. Come non è mai stata davvero.»

Ma è sufficiente un nome per portare avanti una dinastia e mantenere il successo e la fortuna di chi è partito dal nulla per giungere al tutto e all’ammirazione – e invidia – generale? Come gestire quella articolata ed estesa rete d’affari che va oltre il pensato? E quanto ancora può costare davvero il rinunciare a quell’amore per un destino segnato da responsabilità e un desiderio di ascesa inarrestabile? Come fronteggiare, ancora, quella parabola discendente che sembra voler porre una fine a quel divenire senza confini?
Tanti i presupposti di partenza per questo secondo e conclusivo capitolo delle avventure della famiglia di imprenditori siciliani. Se da un lato il lettore è incuriosito dall’evoluzione che le vicende prenderanno, è affascinato dall’idea di rivivere ambientazioni già note, dall’altro sin dalle prime pagine l’opera trasmette un senso di respingimento. I personaggi sono sì ben caratterizzati e non mancano le descrizioni degli orpelli e oggetti vari dei Florio così come dei luoghi ma è innegabile una sproporzione rispetto al narrato tanto che l’attenzione si affievolisce, l’intensità perde di forza e vigore, il conoscitore è rallentato nel suo interesse tanto che a più riprese si chiede anche dove effettivamente si arriverà con l’evoluzione della narrazione. Seppur questo conosca il dato relativo al fatto che ne “I leoni di Sicilia” a esser narrati erano prevalentemente i fatti relativi all’ascesa dei Florio e che qui al contrario quel che viene delineato è la caduta di questi, il rovinare dal più alto dei piedistalli, la lettura tende a essere farraginosa e non funzionante, macchinosa ed eccessivamente prolissa. Che si sia voluto far troppo e mettere troppa “carne sulla brace”? Che sia una conseguenza data da una responsabilità troppo grande per un pubblico esigente? Può darsi, tuttavia, tanto il lavoro di documentazione storica è inciso e meticoloso, tanto manca quel coinvolgimento emotivo proprio di quel filone narrativo cui appartiene il narrato.
“L’inverno dei leoni” è uno scritto da leggere se si è letto il precedente episodio per dare una conclusione a un qualcosa di già cominciato, è un romanzo strutturato per un pubblico specifico di lettori, è un elaborato che risente di una impostazione rigida e che non è riuscito ad andare oltre a quel meccanismo preimpostato che lo accompagna. È uno scritto che sembra aver imbrigliato tra le sue maglie l’autrice stessa quasi come se la medesima avesse avuto difficoltà nel romanzare tanto da essere la prima “prigioniera” di quel congegno innescato con i Leoni. È dunque un titolo che convince solo in parte e a cui si riconosce l’impegno e il lavoro di ricostruzione e documentazione senza però poter gridare al capolavoro letterario.

«Se ci ripensa, prova un vago fastidio, ma non dolore. Persino dipendere dalle figlie e dal fratello lo lascia indifferente. Non ha più neanche un soldo, lui, anche se, almeno formalmente, Casa Florio non è mai fallita. Quello che gli strappa l’anima è l’idea che con lui si perda… un nome. Una storia. La loro storia, racchiusa in quel piccolo cerchio d’oro reso sottile dagli anni. […] “Vero è.” Si gira e sorride alla bambina e al vecchio. “Gli altri sono gli altri. Noi siamo i Florio”.»

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Consigliato a chi ha letto...
Sì = a chi ha letto e amato "I leoni di Sicilia" e vuole concludere la saga.
No = a chi non ama il genere e cerca un altro tipo di romanzo storico.
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Commenti

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Ciao Maria, ho letto recensioni che gridavano al capolavoro... come sempre aspetto il tuo giudizio che ritengo sempre più obbiettivo e sincero.
Brava!
Alice
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