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Il fine giustifica i mezzi
Un romanzo storico, o meglio un periodo storico romanzato, forse troppo: uno squarcio sulla Storia degli ultimi anni del XIII secolo di un’Italia suddivisa, preda di scorrerie straniere e delle ambizioni sfrenate delle famiglie della nobiltà romana. Già lacerata da continue scaramucce tra ghibellini (fedeli all’imperatore di turno) e guelfi (papisti convinti), la nobiltà romana si contende frange di potere: da una parte gli Orsini, alleati dei Colonna e dei Malabranca, dall’altra gli Annibaldi. I più determinati sono gli Orsini, che, alla morte di papa Giovanni XXI, fomentano intrighi di ogni genere (il conclave durerà sei mesi!) per eleggere un cardinale della famiglia, Giovanni Gaetano Orsini, a Papa (Niccolò III). L’anima nera del complotto (e protagonista del romanzo) è Matteo Rubeo Orsini, nipote del nuovo Papa e nominato anni prima cardinale da Papa Urbano IV, nel 1263. Assetato di potere e privo di scrupoli, è convinto che per far trionfare il regno di Cristo occorra il dominio temporale sul territorio: riesce ad annettere ai territori della Chiesa prima la Romagna, in seguito la Tuscia (gran parte del viterbese) e poi Firenze, assegnandone il controllo ai più stretti familiari. In contrasto con il Papa, un francescano più rigoroso ed ascetico, storicamente noto soprattutto per aver ostacolato l’espansione angioina in Italia, lo stimola ad agire, ne rimprovera l’inettitudine, gli confessa i personali intrighi (anche azioni delittuose) e riesce infine a riportarlo a Roma, dopo aver defenestrato dal seggio di senatore Carlo d’Angiò. Ma, ahimè, Niccolò III non regge allo stress e muore: Matteo Rubeo non si dà per vinto, e organizza una spedizione in Sicilia per scacciare i francesi (la famosa rivolta dei Vespri Siciliani del 1282). Gli Orsini dominano, ma il troppo è troppo: le altre famiglie nobiliari ed i francesi riprendono quota, ma, alla fine, dopo complicate vicissitudini e scontri sanguinosi, Orsini e Annibaldi si riuniranno per lottare finalmente uniti contro il comune avversario, i francesi, e riconquistare il Campidoglio: grazie anche a Margherita Colonna, una santona che pare faccia discussi miracoli e che, con un discorso solenne, riuscirà a pacificare gli animi nel nome di Cristo e di una Chiesa rinnovata. Abbracci e pianti tra i contendenti: fine del romanzo. Che dire? Per completare l’estrema sintesi di un racconto molto complesso, dominato da continui scontri per conquistare nuovi territori e spodestare famiglie rivali o stranieri invadenti, non posso non citare due figure femminili di spicco, Perna Orsini e Beatrice (quest’ultima, forse l’unica del romanzo, storicamente non esistita): vivranno due storie d’amore commoventi, lungamente descritte, la prima con un Annibaldi, la seconda con il giovane Orso Orsini, e moriranno in modo tragico, immolandosi per il bene comune,
Frediani racconta in modo convincente un periodo storico turbolento, in cui la Chiesa, convinta della giustezza del potere temporale, badava a conquistare posizioni territoriali sempre più estese, sognando di unificare tutta l’Italia sotto il governo papale, con ogni metodo, lecito o illecito: il motto era “il fine (sacrosanto) giustifica ogni mezzo”. Lo stile narrativo è fluido e scorrevole: prevalgono i colloqui tra i vari personaggi, difetta forse la spiegazione del contesto storico in cui si svolgono i fatti. C’è una lunga postfazione, ma si sente la mancanza, a mio giudizio, di un’introduzione esplicativa sul momento storico dell’Italia di quei tempi e, soprattutto, un elenco alfabetico di tutti i personaggi coinvolti, specificando le complicate relazioni di parentela tra le varie famiglie nobiliari che, unitamente a qualche data in più, renderebbero più agevole la lettura.