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Donne. Tra illusioni, verità e amarezze
Con “Mara. Una donna del Novecento”, Ritanna Armeni ci fa destinatari di una storia dalla grande forza empatica. Mara ha solo tredici anni quando inizia l’avventura scolpita e siglata in queste pagine, è giovane, “innamorata” del Duce e disincantata. Siamo nel 1933, Mara e Nadia adorano Mussolini e attendono ogni giorno il notiziario alla radio per poterlo ascoltare e vivono quell’attesa con quei sospiri e quel cuore in gola proprio di chi è in attesa dell’idolo tanto desiderato.
“Abbiamo visto il Duce, innanzitutto, che ha pronunciato un discorso magnifico. È straordinario, forte e buono, il suo volto dà fiducia, quando fa il saluto romano strappa un urlo di gioia. Il grido «Duce, Duce» viene proprio dal cuore.”
In casa, altra voce che abbraccia il fascismo, è la zia Luisa, donna che crede in quei valori e che continuerà a crederci a dispetto di tutto quello che accadrà a cui si contrappone la nonna di origini toscane e fermamente contraria al leader della dittatura. Da qui già un primo paradosso della società: le donne iniziano a sentirsi libere proprio sotto la dittatura ovvero sotto un regime che per definizione priva il cittadino, e ancor più il gentil sesso, di ogni diritto e libera espressione d’essere. Ciò accade perché anche se queste non godono dei pieni diritti di cui al contrario sono titolari gli uomini, possono lavorare anche ricomprendo incarichi maschili o uscire in calzoncini rigorosamente autorizzati o partecipare alle sfilate.
E se da un lato Mara e Nadia sono l’espressione dell’adolescenza più pura, genuina e fresca, dall’altro abbiamo Giulio, altro compagno di queste pagine che è silenzioso e schivo, riflessivo e meditabondo che funge da contrappeso tra le varie voci.
Quando conosciamo Mara ella non ha altro che tredici anni, tanti sogni, speranze, pie illusioni, alimentate dalla zia stessa che le promette che le avrebbe pagato gli studi universitari essendo lei brava a scuola, amante dei libri e desiderosa di fare la scrittrice, ma quando la lasciamo è tempo di referendum e la vita è pronta a battere alla porta con la sua più crudele verità. La donna viene scaraventata nella realtà e in quella che da questo momento sarà la vita adulta.
Quello che viene descritto è una pagina della storia del nostro tempo che ha quali protagonisti non solo il fascismo quanto anche le donne in una forma di Stato e di governo che giungerà alla sua fine a causa di una fame che non è più contenibile. La guerra durerà troppo a lungo, il lavoro sulle spalle delle donne rimaste sarà pesantissimo e le proverà non solo nel fisico quanto anche nell’anima. Quella inziale lusinga con cui il regime le carezzerà e imbonirà all’inizio si tramuterà in una maglia che diventa sempre più stretta, sino a schiacciare. Le bugie, le illusioni inizieranno a sgonfiarsi, gli amori perderanno di consistenza e verità, non resteranno altro che amarezza e sì, ancora fame. Da un lato ci sarà chi continuerà a credere in Mussolini, dall’altro chi si risveglierà e imbraccerà le armi.
Un lavoro accurato, minuzioso, erudito è quello della Armeni, un lavoro in cui a far da padrona è l’empatia. Il lettore entra subito in simbiosi con la protagonista, sorride con lei, piange con lei ma entra anche nel concreto nella realtà di quegli anni, sente sulla pelle i sorrisi di una foto del Duce ritagliata, tocca con mano l’esaltazione durante i comizi, percepisce una sicurezza che oggi è sempre più vacillante e messa a dura prova.
In tutte queste voci che prendono forma vi è anche quella dell’autrice che, nei tratti in corsivo, aggiunge quelle considerazioni necessarie per staccarsi dal narrato, contestualizzare il quadro storico e tornare alla verità.
Un saggio-romanzo di cui consiglio la lettura, un titolo adatto a chi ama le storie vere, le storie di donne, le storie di libertà e riflessione. Da leggere con calma, assaporandolo pagina dopo pagina.
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