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Cronaca di un grottesco colpo di stato
“La marcia su Roma” non è un saggio storico ne’ tanto meno ha ambizione letteraria alcuna.
Lussu scrisse questo celebre libricino durante gli anni dell'esilio francese seguiti alla rocambolesca fuga dal confino sull'isola di Lipari. Il libro raccoglie in modo disorganico episodi vissuti in prima persona dall’autore durante gli anni convulsi dell’avvento del fascismo con particolare riferimento alla realtà sarda in cui Lussu svolgeva la sua azione politica.
Scopo principale era documentare quei subdoli meccanismi che condussero in pochi anni all'annientamento della fragile democrazia Italiana ed al dilagare quasi ineluttabile della violenza fascista.
Secondo le intenzioni dell'autore il libro avrebbe dovuto essere destinato esclusivamente al mercato estero quale monito affinché il germe fascista non si propagasse nel resto d'Europa.
Se pure non si possa parlare di saggio storico, è innegabile che la testimonianza di Lussu abbia indubbia valenza storicistica. Con stile piano ed asciutto intriso da amaro umorismo, vi si descrive la repentina conversione di una larga fetta dell’opinione pubblica e della società italiana.
Ben pochi scampano al sarcastico e severo sguardo dell’autore: giornalisti, funzionari, addetti all’ordine pubblico, professori ed accademici, uomini politici e sindacalisti si piegano docilmente al nuovo padrone, ne divengono servi fedeli all’indomani del colpo di Stato. Persino alcuni tra i più strenui antifascisti della prima ora, si trasformano, in casi non isolati, in ferventi sostenitori del nuovo ordine che avanza.
Quale fu dunque il motivo della rapida ascesa del fascismo che nel giro di pochi anni da movimento fortemente minoritario si trasformò in forza di potere acclamata da masse osannanti? I fattori storici sono ben noti: la frustrazione dei reduci della Grande Guerra incapaci di ricollocarsi in tempo di pace, la delusione ed il senso di umiliazione a seguito della vittoria mutilata, i timori del diffondersi dei venti rivoluzionari socialisti massimalisti di stampo bolscevico, l’incapacità dello Stato di garantire l’ordine.
Eppure, sembra dirci l’autore, il successo di quella grottesca marcia su Roma ad opera di una "armata Brancaleone" priva peraltro dello stesso condottiero (come noto Mussolini non ne prese parte attivamente e si limitò a seguirne gli sviluppi dalla lontana Milano) non sarebbe stato possibile senza la complicità di una società nel migliore dei casi indifferente ma più spesso opportunista, servile ed ipocrita. Quel male atavico del popolo italiano, il trasformismo che ha segnato tante tristi pagine di Storia patria, di volta in volta alimentato dai voltagabbana di turno, è da annoverare tra le cause del successo fascista ne' più ne' meno di quelle storicamente accertate e riportate sui manuali di Storia.
E, duole dirlo, la repentina conversione all'antifascismo all'indomani del crollo del regime non fu immune da quello stesso male. Ma questa e' un altra storia ...
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