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I bambini di Svevia
 
I bambini di Svevia 2020-09-21 21:04:14 ALI77
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
ALI77 Opinione inserita da ALI77    21 Settembre, 2020
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NON E' MAI TROPPO TARDI

Questo libro porta alla luce una pagina dolorosa e poco conosciuta della storia italiana, moltissimi bambini dal Settecento fino alla Seconda Guerra Mondiale venivano venduti dalle loro famiglie che erano molto povere, per lavorare nelle ricche fattorie delll'Alta Svevia.
Questi bambini non avevano idea di dove sarebbero andati, pensavano di arrivare in un'isola felice, dove avrebbero vissuto un'infanzia migliore; ma non sapevano che quello era solo l'inizio di un incubo.
L'autrice sceglie di raccontarci la storia di Edna, ma di alternare i capitoli: quando era una bambina e viveva nella fattoria e ai giorni nostri quando ormai novantenne decide di intraprendere un viaggio da Castelbello fino a Ravensburg, per incontrare Jacop. Edna parte per rivedere l'unica persona che ha cercata di aiutarla nella fattoria e lo fa accompagnata dal suo fede pappagallo Emil.
"Arrivavano di seguito, senza logica e frammentate, schegge che si conficcavano nella carne. Sono così, i ricordi: decidono loro quando è il momento di svelarsi, guidano a volte le mani prima che la mente. Il cuore segue o resta ad ascoltare."
Prima di soffermarmi su alcune cose che non mi hanno convinta, voglio dire che questo libro ha al suo interno due messaggi importanti, che sono quelli della speranza e del coraggio.
Fino all'ultimo giorno di vita, c'è ancora la possibilità di perdonare e farsi perdonare.
Riconosco il fatto che l'autrice abbia portato alla luce un episodio del nostro recente passato che pochi ahimè conoscono, quindi di base questo testo ha un grande impatto emotivo sul lettore, che deve affrontare anche delle scene molto forti, che sicuramente fanno riflettere.
La prima cosa che mi ha lasciata perplessa è stata lo stile dell'autrice, molto pesante e noioso in alcuni punti, molto descrittivo e a volte si soffermava su alcuni dettagli che non erano rivelanti ai fini della narrazione.
"Lei credeva nel destino? In un filo rosso che collega ogni cosa senza che noi ce ne rendiamo conto, prima che quello stesso filo ci accarezzi o ci stringa fino a strozzarci?"
L'altra cosa che non mi ha convinta è stato il viaggio che Edna compie, dobbiamo considerare che è una signora di ben novant'anni, che la meta è molto lontana, che ha un pappagallo con sè e nessuno che l'ha accompagni.
Per quanto questa donna anziana sia in gamba, questa costruzione narrativa a mio avviso non è verosimile e l'ho trovata molto forzata, come anche la serie di personaggi strani che Edna incontra lungo la strada, tutti abbastanza gentili e pronti ad aiutarla.
Come dicevano alcune mie compagne di lettura, o la storia doveva essere ambientata trent'anni prima oppure l'autrice doveva concentrare la narrazione solamente sulla parte della Edna bambina, che io ho preferito.
Però credo di essermi data una spiegazione a questo viaggio che Edna intraprende, è una metafora per far capire che non ci si deve mai arrendere, che si può ricominciare e avere una seconda possibilità per sistemare le cose.
Sicuramente mi aspettavo di più, qualcosa di più coinvolgente e anche sconvolgente, ci sono molti passaggi che si potevano approfondire, ma per me è mancato qualcosa.
Recentemente ho letto il libro "Fiore di roccia" di Ilaria Tuti, anche lì si raccontava un episodio poco conosciuto della nostra storia, ma dà subito la storia mi aveva coinvolto e appassionato cosa che in questo romanzo non è mai successa.
Sarà sicuramente una unpopular opinion, però tutto questo successo ed entusiasmo verso questo libro non lo capisco, anche se credo di aver compreso il messaggio ma meno la costruzione della narrazione.
E' un vero peccato.

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