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Fiore di roccia
 
Fiore di roccia 2020-06-12 14:56:50 Mian88
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Giugno, 2020
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Le Portatrici

«Mi chiedo se alla fine io sia qualcosa di più di questo spettro. Mi chiedo che cosa sia, io, se non una portatrice.»

Il suo nome è Agata Primus e come tante altre donne è una Portatrice e cioè uno dei tanti volti femminili che durante gli anni della Prima Guerra Mondiale si è resa indimenticabile con quell’instancabile istinto di sacrificio, quell’interminabile desiderio di pace, quell’immancabile resilienza e coraggio che l’ha vista e le ha viste rifornire quegli uomini al fronte di tutto quel che avevano bisogno, dalle medicine, alle munizioni, passando per il lavaggio della biancheria e la cura dei giacigli. Ella, come molte altre, è una contadina che ha avuto la possibilità di prendere il certificato di studi a undici anni, che sa far di conto e leggere, che ha fatto della lettura il suo più prezioso tesoro, che custodisce le parole perché un bene prezioso e che si prende cura di quell’unico genitore rimastole, suo padre, che è gravemente malato.

«In verità, amo le parole, ma l’istinto è quello di custodirle. Ho imparato a maneggiare la loro arte, ma dentro di me è ancora salda la convinzione che alcuni, pochissimi, sentimenti non abbiano bisogno di suoni e non richiedano dialettica. Si espandono nei gesti, cantano i sensi. […] Gli guardo il palmo e vedo schegge, calli e un taglio mal rimarginato che lo attraversa da parte a parte. Sulla sia pelle è scritto un racconto che la mia pelle riuscirebbe a comprendere.»

È a queste donne che il comando militare chiede aiuto, un aiuto che si traduce in schiene e gambe piegate dal peso delle gerle cariche di esplosivi, rifornimenti, boccette di tintura di iodio e bende, di lettere e lettere destinate dai familiari a quei giovani combattenti spesso ancora bambini o condotte dalle mani anche analfabete di quei soldati sino a quegli affetti che aspettano con speranza ogni possibile notizia da loro. E così, cariche e sopraffatte dal peso, ecco che le donne si incamminano per quelle vette che conoscono come le loro tasche, eccole pronte a privarsi del cibo e di quant’altro pur di contribuire alla sopravvivenza di quei ragazzi. Perché la guerra svuota, toglie tutto, lascia soltanto la paura. Ed è quando la paura viene meno che allora davvero perdi ogni ragione per vivere e andare avanti, che perdi ogni scopo. Ma non è ancora giunto il momento, per loro. Che ci sia il vento, che ci sia la neve, elle risalgono quei sentieri che consentono di arrivare al fronte. Si arrampicano con quegli scarpetz ai piedi e quelle calze di lana pungenti per il freddo e logorate dall’usura, si fanno forza con sguardi silenti, sopravvivono con quel che resta di una patata, dimostrano tutta la loro forza e la loro determinazione a quegli uomini che non possono che trattarle da pari. Una condizione che viene guadagnata con fatica in una realtà storica in cui alla donna e alla sua figura non è riconosciuto niente. Loro sono fiore di roccia.

«La pelle aperta mi impressiona, non perché non l’abbia mai vista, ma perché il pensiero che mi colpisce è che la vita, raschiato il possibile, ora abbia iniziato a consumarmi fino all’osso e presto di me non resterà nulla se non uno scheletro sonante.»

Ed è attraverso i loro occhi che riviviamo la guerra, una guerra che ci sembra così lontana ma che invece è così vicina e vivida. Niente potrà più essere come prima, la morte è l’immagine impressa negli occhi. Una morte che non vede protagonisti soltanto i soldati italiani quanto anche quelli austriaci. Perché la signora con la falce non fa sconti e non fa distinzioni di appartenenza.

«Continuo a cantare. Non voglio far tornare il silenzio su questa valle di fosse, voglio colmarle di vita finché posso, finché la finzione reggerà sulle gracili gambe della mia ostinazione.»

Ilaria Tuti torna in libreria con un romanzo storico che rievoca nella mente le immagini di un tempo perduto ma da preservare, rende omaggio al volto di donne di ogni età che si sono sacrificate per un fine più grande, che non si sono arrese e che si sono fatte portatrici del loro valore. Hanno combattuto nel loro silenzio, hanno contribuito alla sopravvivenza di altri uomini, hanno vissuto la perdita sulla loro pelle, hanno assaggiato il sapore agre del sangue, del dolore, della sconfitta, della privazione. Con sguardi forti, cuori imperterriti al loro battere, mani rovinate dal freddo e dal gelo, dai calli e dalle ferite. Ferite sedimentate non soltanto nel fisico quanto anche nell’anima.
La Tuti, ancora, non solo ci destina una vicenda che merita di essere letta e salvaguardata e che ci parla della nostra Storia ma ci dona anche uno scritto intenso e intriso di emozione. Con rapide pennellate dipinge scene evocative che toccano l’anima e dimostra una grande maturazione anche a livello stilistico. L’opera, infatti, è caratterizzata da una penna atta a rendere la sua essenza in periodi brevi, graffianti, magnetici e al contempo poetici. Se avete letto i precedenti lavori, ecco, scordateveli: questo è tutto un’altra cosa. È sempre lei ma in modo molto più maturo.
Un libro che merita di essere letto, che si fa divorare e che lascia il segno anche a distanza di tempo dalla lettura.

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Commenti

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Lavoro lodevole, quello di occuparsi delle portatrici carniche! Meno male che esistono scrittori che si occupano di non far dimenticare pezzi importanti della nostra ricca storia.
Ottima segnalazione bello pure il titolo, significativo
Ah Maria, che sorpresa, lo abbiamo letto in contemporanea!! Ottima recensione, condivido tutto.
In risposta ad un precedente commento
Mian88
15 Giugno, 2020
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Laura, una ennesima riprova della magia dei libri che tessono un filo invisibile tra noi. Un filo che resta indissolubile. Sono ancora segnata da questo libro che ha scavato in me e mi ha anche commossa. Un grande approfondimento storico per una storia che merita di essere letta. Brava Ilaria Tuti!
In risposta ad un precedente commento
Mian88
15 Giugno, 2020
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Una lettura che ti consiglio col cuore Marianna!
Dopo queste bellissime recensioni, la tua e quella di Laura, devo proprio leggerlo anch'io!!! Grazie, Maria! ;)
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